Cerca

Soci e partner

Provincia di Ravenna

Comune di Ravenna

Fondazione del Monte

Cassa di Risparmio di Ravenna

Regione Emilia-Romagna

Ministero della Cultura

Memoria e Ricerca

Millennio digitale. I medievisti e l’Internet alle soglie del 2000

di Andrea Zorzi
in Memoria e Ricerca n.s. 5 (2000), p. 199


Questo breve intervento, più che offrire un’analisi in dettaglio, si propone di riflettere su alcune questioni che si aprono allo storico dei mille anni medievali con la diffusione delle nuove tecnologie della comunicazione per via telematica. Il contributo si articola in due parti, in cui si cercherà di rispondere alle domande che sottendono al senso di un intervento sul tema da parte di uno studioso di storia medievale in una rivista dedicata agli studi contemporaneistici: la diffusione dell’Internet e degli strumenti digitali sta cambiando le metodologie e le pratiche della ricerca tra i medievisti? come sta mutando l’offerta per gli studi medievali di quelle che si usa chiamare “risorse” digitali? Peraltro, verrò svolgendo anche alcune riflessioni di ordine più generale, che in certa misura travalicano gli specialismi dei singoli ambiti disciplinari. Lo stato dell’arte Muoviamo dall’impatto tra i medievisti della diffusione, delle nuove forme di comunicazione affidate all’Internet e agli altri supporti digitali 1. Le pratiche e i linguaggi della ricerca – il modo di fare, di pensare, di leggere e di scrivere la storia medievale – stanno cambiando in conseguenza di tali sviluppi? Si può sicuramente rispondere in termini negativi. Al momento – un momento che principia dalla metà degli anni Novanta del secolo xx 2 –, nulla appare sostanzialmente cambiato, né nei modi di condurre la ricerca, né sul piano dei metodi, né tantomeno su quello dei linguaggi. La comunicazione della ricerca passa ancora in lar­ghis­sima misura attraverso i canali tradi­zionali degli incontri di studio e della lettura delle riviste e dei libri a stampa. Il libro (il testo su libro, vale a dire) mantiene intatto il suo prestigio di pubblicazione riservata alla valutazione scientifica, e in taluni casi, come in Italia, riconosciuta sul piano giuridico come esclu­siva ai fini del reclutamento accademico. In sostanza, chi intende comunicare i risultati delle proprie ricerche lo fa continuando a pubblicare su carta 3, non solo per abitudine ma anche perché la fluidità del testo elettronico – la sua natura aperta, instabile, interpolabile – è avvertita come un elemento estraneo alla tradizione filologica e interpretativa del testo chiuso, compiuto, intangibile 4. La pubblicazione sul web è ancora priva di autorevolezza, in questo senso, e assume carattere ancillare di sede secondaria, e quasi sempre a posteriori, di materiali concepiti per la carta stampata. Questi condizionamenti – che, peraltro, non sono peculiari degli studi medievali ma generali di quelli umanistici – inibiscono anche i ricercatori più giovani nel valutare in termini positivi l’eventualità di pubblicare in forma digitale anziché in quelle tradizionali cartacee, sulle quali continua a fondarsi la loro valutazione scientifica, e soprattutto accademica, da parte degli studiosi più anziani 5. È questo un sistema destinato molto probabilmente a mutare in futuro, per un insieme di motivi: lo sviluppo inesorabile dell’editoria digitale, il ricambio generazionale nell’accademia, l’affacciarsi agli studi di giovani già acculturati ai modi della comunicazione digitale 6. Azzardando un’ipotesi, si dovranno attendere perlomeno gli anni dieci del secolo xxi per assistere a un mutamento decisivo delle pratiche della ricerca 7. Dunque, non molti anni ancora, ma pur sempre un lasso di tempo durante il quale si verranno sperimentando – probabilmente non senza un crescente confronto generazionale – nuovi modi di condurre la ricerca storica e nuove forme di comunicarla. Segnali di mutamento si colgono già. La pratica più diffusa tra la minoranza di studiosi che utilizza l’Internet è, per esempio, la ricerca bibliografica on line sugli opac e sulle banche dati digitali specializzate: ma – si noti – la finalità è ancora la costituzione di bibliografie e la localizzazione fisica del libro, più che la consultazione on line del suo contenuto 8. Sul piano della metodologia della ricerca, invece, gli unici settori in cui l’introduzione dell’informatica ha inciso, sia pure ancora marginalmente, sull’organizzazione delle ricerche sono quello degli studi economico-sociali di tipo quantitativo, e, soprattutto, quello del trattamento dei testi. A ben vedere, la stagione della storia quantitativa – sviluppatasi anche in relazione alla prima diffusione tra gli storici dei personal computer 9 – sembra essersi ormai esaurita, nella sensazione generale che alle aspettative e alle potenzialità (e all’impegno assiduo di molti cervelli) non siano seguiti risultati corrispondenti 10. Luminosa eccezione, tuttora additata anche al di fuori dell’ambito medievistico, rimane la magistrale indagine demografica condotta negli anni Settanta del Novecento (ancora su schede perforate!) sul catasto fiorentino del 1427 da David Herlihy e da Christiane Klapisch-Zuber 11. In pieno sviluppo è invece il trattamento elettronico di corpora testuali della tradizione occidentale latina, cristiana e volgare, che si allarga di anno in anno a comprendere documenti non solamente letterari e narrativi 12. Il supporto privilegiato è ancora il cd-rom, per evidenti risvolti commerciali, ma anche perché esso consente quella maggiore rapidità di ricerca e di gestione delle banche dati che, in termini di analisi testuali complesse, costituisce la vera innovazione resa possibile dall’elaborazione informatica dei testi. Quanto all’influenza sui linguaggi si può invece osservare la sostanziale assenza, a tutt’oggi, di una riflessione critica sull’uso delle nuove tecnologie applicate agli studi medievali. Non si è ancora sviluppata, vale a dire, una consapevolezza metodologica relativa ai nuovi oggetti editoriali. Non che le altre discipline storiche abbiano prodotto analisi adeguate 13, ma appare ormai indifferibile una riflessione sulle peculiarità di tali pubblicazioni (dei testi non libri, cioè), che ne promuova anzitutto una valutazione e una classificazione 14. Ciò è tanto più urgente di fronte alla messa a disposizione di “metafonti”, vale a dire di quella nuova tipologia di documentazione che viene crescendo tra le mani degli storici, e dei medievisti in particolare, come effetto della proliferazione di edizioni digitali di testi e di documenti. Operazioni, queste, niente affatto neutre, ma generatrici di prodotti editoriali nuovi che alla trascrizione del testo accompagnano – indifferentemente dal formato digitale prescelto (siano gli apparentemente più “protetti” cd-rom, siano le più aperte strutture del web) – strumenti di ricerca sempre più affinati (motori, e software dedicati), materiali di supporto (regesti, bibliografie, profili di archivi ecc.), riproduzioni in formato immagine dei documenti, banche dati, saggi e altri materiali miscellanei: un insieme complesso, cioè, di testi, dati e immagini, che non può non influire sulle modalità di ricerca dello storico e sui suoi linguaggi, ma sul quale – appunto – non si è finora affinata un’adeguata riflessione in termini di ecdotiche ed ermeneutiche specifiche 15. L’attenzione si è invece perlopiù concentrata sugli standard di codifica testuale (sui suoi vari metalinguaggi), finendo così per accentuare l’esoterismo e l’autoreferenzialità del discorso 16, o sulle pretese nuove frontiere dell’ipertesto, in una vera e propria sbornia teorica (cui peraltro i medievisti non hanno sostanzialmente partecipato 17) alla quale non sono finora corrisposte molte realizzazioni di rilievo, perlomeno nell’am­bito degli studi medievali 18. Nel complesso, però, continua a prevalere tra i medievisti un uso strumentale 19, accessorio, delle nuove tecnologie, delle quali, viceversa, non si sono ancora colti il valore e le potenzialità di nuove forme di comunicazione del sapere. Se poi si compulsano i progetti di ricerca, si può cogliere anche un malinteso senso di innovazione, generato dalla convinzione crescentemente diffusa che condire una ricerca tradizionale con banche dati informatizzate o con l’apertura di siti web possa favorirne il finanziamento 20. Sembra valere ancora, in sostanza, l’osservazione di qualche anno fa che alla sopravvalutazione ideologica del nuovo medium (che è sotto gli occhi di tutti 21) corrisponde tuttora una sua sottoutilizzazione pratica 22. Le stesse possibilità di confronto scientifico dischiuse, per esempio, dalla posta elettronica appaiono finora inesplorate. Vi è senz’altro, in molti studiosi, la desuetudine al confronto libero, informale, che, soprattutto, non resti affidato alla carta stampata. Ma certo è significativa la scarsa diffusione tra i medievisti europei delle cosiddette “liste di discussione”, a differenza che nel Nord America, ove l’uso appare senz’altro più invalso, se non altro per la varietà dei temi che animano le diverse liste 23. Sul diverso approccio incidono vari motivi: le maggiori distanze fisiche e le minori occasioni di incontro personale 24, la precoce diffusione dell’Internet, il sostanziale monolinguismo, una maggiore abitudine al confronto informale e forse anche una più accentuata frammentazione degli interessi di ricerca, tra quelli che ne spiegano la diffusione tra i medievisti americani; maggiori occasioni di incontro convegnistico 25, il generale ritardo con cui è venuta diffondendosi l’e-mail 26, e il plurilinguismo, tra quelli che appaiono frenarne invece l’adozione tra gli europei. È un dato di fatto che in Italia non sia stata ancora attivata alcuna lista di discussione medievistica, che in Spagna, in Francia e in Germania se ne conti finora una sola 27, e in Inghilterra qualcuna in più 28, a fronte delle decine proliferate invece nelle comunità americane 29. Ciò senza nulla dire sulla qualità delle discussioni che vi si svolgono, che ovviamente dipende dalla qualità degli studiosi che vi partecipano e che, soprattutto, sono disposti ad animarle 30. In Italia, la discussione per via elettronica sembra invece indirizzarsi verso i forum ad accesso aperto sul web, avviati da posizioni del problema proposte da studiosi autorevoli e alimentati da interventi più strutturati del semplice messaggio postale 31. Lo stato delle cose Se questo è lo “stato dell’arte”, nondimeno – per rispondere alla seconda domanda posta all’inizio – l’offerta di quelle che si usa chiamare “risorse” digitali per gli studi medievali viene progressivamente arricchendosi. Lo sviluppo dei primi siti di origine accademica si ebbe, ovviamente, negli usa 32, legati in larga misura a finalità didattiche, con la messa a disposizione di saggi, bibliografie e altri materiali 33, tra i quali antologie di fonti che hanno ingenerato anche i primi clamorosi equivoci (per non dire marchiani errori di metodo) sulla natura della documentazione digitalizzata: se essa, infatti, è resa disponibile pressoché in sole traduzioni in inglese, nulla autorizza ad assumerla come scientificamente rilevante 34. In Europa, invece, i primi a mettersi in moto sono stati gli studiosi tedeschi 35, che attualmente (tra 1999 e 2000) offrono forse il panorama più articolato e qualitativamente apprezzabile di risorse sull’Internet per gli studi medievali 36. In crescita sono senz’altro anche le pubblicazioni dei medievisti francesi 37, che nei primi anni hanno sofferto del generale ritardo della diffusione dell’Internet in Francia dovuto al precoce successo del videotex Minitel 38. Meno dinamica è invece la situazione in Inghilterra, ove gli scopi didattici sono evidentemente assolti dalla messe di materiali resi disponibili dagli atenei d’Oltreoceano, mentre le iniziative editoriali sul web sono state forse rallentate, in sede locale, dal precoce sviluppo del ricco sito dell’Institute for historical research di Londra 39. La medievistica spagnola appare in movimento ma in larga misura ancora dipendente dai siti degli studiosi e delle università americane 40, mentre non ancora apprezzabili, se non per luminose eccezioni – per tutti l’eccezionale National documentation project norvegese, vale a dire la codifica elettronica e l’edizione sul web del “Diplomatarium norvegicum” e di altre collezioni di fonti nazionali 41 –, risultano le pubblicazioni digitali di altre storiografie. In Italia, dopo alcune esperienze pionieristiche 42, la situazione appare farsi finalmente promettente con l’avvio, tra la fine del 1999 e l’inizio del 2000, di due autorevoli pubblicazioni specialistiche: la prima, “Scrineum. Saggi e materiali on-line di scienze del documento e del libro medievali” 43, si configura come strumento di riferimento delle discipline diplomatistiche e paleografiche; la seconda, “Reti medievali. Iniziative on line per gli studi medievistici” 44, ambisce invece a promuovere la diffusione delle nuove forme di comunicazione tra i medievisti. Le due iniziative – che sono sorte e che agiscono in positivo e stretto collegamento – si propongono come pubblicazioni di carattere scientifico, offrendo edizioni di documenti, antologie di fonti a uso didattico, studi critici, saggi storiografici, voci e schede enciclopediche, informazioni sulle attività di ricerca e convegnistiche correnti, repertori di risorse, e altri materiali. Le finalità dichiarate sono quelle di integrare nelle pratiche e nei linguaggi della ricerca medievistica i modi di comunicazione, e gli strumenti, digitali. I riferimenti sono qui ovviamente alle iniziative di carattere specialistico, dedicate alla didattica universitaria e alla ricerca scientifica. La rete, come è noto, è affollata da un numero anche maggiore di siti di carattere amatoriale che nel caso del Medioevo assecondano spesso le diffuse mode new age, non senza, talora, ambigui sconfinamenti nell’esoterismo 45. Ciò pone, e non solo per gli studi medievali, il problema sempre più urgente della valutazione e della selezione delle risorse che, come ha ricordato un altro medievista d’elezione, Umberto Eco, non può non continuare a spettare, anche per le pubblicazioni di rete, agli specialisti e alle istituzioni dedicate alla didattica e alla ricerca, a cominciare da quelle universitarie 46. Si avverte in particolare la necessità di sviluppare delle opere di reference e, più specificamente, di guide introduttive e di repertori delle risorse digitali che, in analogia con quelli redatti per gli strumenti cartacei 47, siano condotti criticamente e comincino a fondare una specifica metodologia relativa ai nuovi linguaggi digitali. L’attuale offerta di rete è, infatti, assolutamente inadeguata, risolvendosi quasi sempre in meri elenchi di link, raramente classificati e ancor meno commentati, che spesso finiscono con dare luogo a circoli viziosi di riferimenti incrociati 48. Una soluzione parziale può essere offerta dallo sviluppo di motori di ricerca selettivi, cosiddetti Limited area search engines (lase), che operano un filtro delle informazioni. Per gli studi medievali si dispone già del motore Argos, sviluppato da un consorzio di pubblicazioni on line, in larga misure nordamericane, dedicate alla storia antica e medievale 49: se il pregio è quello di evitare la ridondanza e la dispersione tematica, i limiti di Argos appaiono semmai interni alla disciplina, dal momento che la repertoriazione è ancora molto parziale, limitandosi in larga misura alle sole risorse prodotte dai siti americani 50, e sostanzialmente estranea alle tematiche e alle metodologie delle storiografie europee continentali 51. Il rischio maggiore che corrono gli strumenti di reference attuali è dunque quello dell’autoreferenzialità, quando invece dovrebbero cominciare ad aprirsi all’integrazione tra pubblicazioni cartacee e digitali 52. Quella dell’integrazione appare infatti la “frontiera” degli storici, non solo medievisti, dei prossimi anni. Le discipline storiche si trovano ormai di fronte al problema della traduzione delle proprie tradizioni disciplinari nelle nuove forme di comunicazione e nei nuovi linguaggi. In gioco è la tutela e la conservazione del patrimonio di saperi e di metodi del proprio “laboratorio”: l’esegesi del documento, la varietà dei metodi di indagine, il rapporto tra fonti e racconto storico, l’apertura multidisciplinare, il vaglio critico dei risultati ecc. Fino a quando non saranno state affinate esegesi specifiche alle nuove risorse digitali, la capacità di traduzione di tale patrimonio di sapere e di tecniche resterà imperfetta. E si correrà davvero il rischio di dare adito a una delle potenziali mistificazioni sull’uso della rete: vale a dire, che essa finisca col sostituire di per se stessa le pratiche della ricerca, costituendo un mero campo di archivi e di memorie autoreferenziali, in un processo di “irretimento” che conduca all’oblio di ogni dimensione tangibile e analogica, per dirla con Lorenzo De Carli 53. Agenti del processo di affinamento metodologico non possono che essere gli atenei e gli enti di ricerca e di conservazione. Ai centri di studio, agli archivi, alle biblioteche compete principalmente la pubblicazione di fonti e di testi digitali, di studi, di banche dati e di opere di repertoriazione sempre più affinate; alle università, invece, lo sviluppo della ricerca e la pubblicazione dei suoi esiti, e, in modo particolare, la formazione alla cultura digitale umanistica. Esempi di buone realizzazioni per gli studi medievali sono già individuabili. Tra le pubblicazioni di fonti basterà rammentare i progetti avviati dai “Monumenta germaniae historica”, che hanno iniziato a pubblicare in formato digitale (gli emgh su cd-rom) le proprie edizioni documentarie 54, dal Centre de traitement électronique de documents dell’Université catholique de Louvain-La-Neuve, che è stato il primo soggetto ad avviare un ampio piano di pubblicazione di testi e altri materiali della tradizione latina e greca 55, e, per l’Italia, da “Fontes. Fonti storiche e giuridiche” e dalla “Fondazione Civiltà bresciana”, che editano anche on line il Codice diplomatico bresciano 56. Banche dati bibliografiche, disponibili sia su cd-rom sia sul web, sono state invece prodotte dall’International medieval institute della University of Leeds, che ha avviato la pubblicazione anche su cd-rom dell’International medieval bibliography. Bibliography for the study of the european middle ages (450-1500) 57; dalla Società internazionale per lo studio del Medioevo latino, che ora pubblica anche su cd-rom, e (parzialmente) sul web, “Medioevo latino”, il maggiore bollettino bibliografico della cultura europea d’età medievale 58; dalla Renaissance society of America e dal Centre for reformation and renaissance studies dell’University of To­ronto, che hanno promosso nel 1997 la pubblicazione on line di Iter. Gateway to the Middle ages and Renaissance 59; e, in Italia, dall’Istituto nazionale di studi sul Rinascimento, che ha recentemente avviato la pubblicazione on line della Bibliografia italiana di studi sull’Umanesimo ed il Rinascimento 60, e dal Comitato nazionale per gli studi e le edizioni delle fonti normative, che sta mettendo in rete la propria Bibliografia statutaria italiana (1985-1995) 61. Tra le rare iniziative promosse dagli archivi, vanno segnalati i progetti di digitalizzazione del patrimonio documentario avviati dall’Archivio di Stato di Firenze, che renderà consultabili on line alcuni fondi di epoca medievale e rinascimentale 62. Pur in crescita, realizzazioni di questo genere sono comunque ancora poche. Gli enti e le istituzioni di ricerca medievistici europei appaiono, nel complesso, molto indietro nell’assumere un ruolo attivo in questo processo, limitandosi oltretutto, troppo spesso, al cosiddetto brochure-ware 63, vale a dire alla mera informazione, stile depliant, sulle proprie attività 64. Le istituzioni di ricerca non investono ancora adeguatamente nell’Internet, se non in casi che si qualificano come eccezionali. Eppure, basterebbe pensare alle sole banche dati bibliografiche, iconografiche, testuali e documentarie che ne costituiscono il patrimonio scientifico, per immaginare il potenziale impatto sulla comunità internazionale di una loro riconversione digitale e pubblicazione in rete. Il ritardo delle istituzioni si riflette nel mancato sviluppo, a oggi, di una riflessione metodologica sugli oggetti editoriali digitali: quel necessario processo di loro classificazione, descrizione, valutazione e selezione – secondo criteri nuovi da affinare 65 – che ho già evidenziato, e che contribuirebbe anche a un uso più consapevole dell’incessante progredire tecnologico dei software: dai sistemi di codifica testuale in xml/xsl (che ristruttureranno profondamente l’ecdotica delle edizioni documentarie 66) alle tecnologie shock­wave per l’animazione di oggetti multimediali, a quelle di streaming audio e vi­deo 67. Come l’evoluzione tecnologica dell’editoria a stampa contribuì a influenzare i linguaggi della narrazione e del sapere storico, così anche le tecnologie digitali incideranno infatti, con ogni probabilità, sui linguaggi e sulle forme di comunicare la storia nei prossimi decenni 68. Di fronte a questi sviluppi, il sistema scolastico e universitario appare cognitivamente e meto­dologicamente lento ad acquisire e trasmettere le conoscenze legate alla cultura digitale e multimediale, che si sviluppano sostanzialmente al suo esterno, come ha sottolineato Raffaele Simone: la scuola e soprattutto l’università rispondono, infatti, con estrema lentezza, da un lato, al processo di accrescimento sempre più veloce della conoscenza, e, dall’altro, al processo di diffusione di metodologie di accesso a banche dati, repertori ecc., digitali (processi che si affidano invece, crescentemente, ad agenzie e istituzioni culturali nuove) 69. Si tratta di una sfida enorme di cui solo di recente i governi dei paesi occidentali hanno cominciato a prendere coscienza, annunciando piani di diffusione capillare dell’Internet nelle scuole, creazione di ministeri e agenzie per lo sviluppo di infrastrutture e servizi ecc. 70. Ma – a oggi – mancano ancora risposte adeguate nei percorsi formativi. Soprattutto, in un contesto di scelte politiche necessariamente orientate verso campagne di alfabetizzazione di massa a contenuto prevalentemente tecnico, appare a rischio quel processo di traduzione delle tradizioni disciplinari nelle nuove forme di comunicazione e nei nuovi linguaggi che, per le discipline storiche costituirà un banco di prova per la loro stessa sopravvivenza al livello di importanza sociologica raggiunta nel corso del Novecento. Non solo in Italia, occorrerà che le università comincino a dare risposta alla domanda di formazione di nuove figure professionali che sappiano coniugare com­petenze tecnologiche avanzate con la formazione storica e umanistica. Qualche iniziativa comincia ad avviarsi, a livello di dottorati e di master 71, ma sarà soprattutto l’armonizzazione dei sistemi formativi europei a fornire l’occasione per un aggiornamento dei percorsi universitari nelle discipline umanistiche e storiche 72. Senza un’adeguata formazione integrata il rischio sarà quello di continuare a scambiare la natura multimediale dell’Internet come uno strumento meramente divulgativo, così perpetuando il luogo comune – diffuso anche, se non soprattutto, tra gli studiosi – che le immagini, gli ipertesti, i testi sul video possano al più appartenere al mondo della scuola o delle edicole – in una parola, che non siano una cosa seria e, soprattutto, paragonabile alle ricerche storiche condotte negli archivi e nelle biblioteche. Note 1. Fondamentali rimangono le osservazioni di P. Ortoleva, Presi nella rete? Circolazione del sapere storico e tecnologie informatiche, in Storia & Computer. Alla ricerca del passato con l’informatica, a cura di S. Soldani, L. Tomassini, Milano 1996, pp. 64-82. Cfr. anche G. Abbattista, Ricerca storica e telematica in Italia. Un bilancio provvisorio, in “Cromohs”, n. 4, 1999, [1° marzo 2000: tutti i controlli degli url citati di seguito sono stati effettuati in tale data]. 2. Quando, in seguito dello sviluppo del web, cominciarono a essere pubblicati anche i primi siti medievistici. Lo stato iniziale delle risorse on line per gli studi medievali (ma sarebbe meglio dire per i medieval studies, data l’egemonia anglosassone dei primi anni) è attestabile ormai solo su carta, data la fluidità delle pubblicazioni in rete: cfr. allora Le médiéviste et l’ordinateur, n. 30, 1994, numero dedicato a Les résaux; e la rubrica Les ressources Internet, nei numeri successivi, ivi, nn. 31-32 (printemps-automne 1995), pp. 54-62; n. 33 (printemps 1996), pp. 60-5; D. Trinkle, D. Auchter, S. A. Merriman, T. E. Larson, The history highway. A guide to Internet resources, Armonk, NewYork 1997, pp. 44-52. Cfr. anche A. Zorzi, Medioevo su Internet, in “L’indice dei libri del mese”, n. 9, ottobre 1997, p. 50; Id., Medievisti nelle reti. La mutazione telematica e la pratica della ricerca storica, in “Quaderni medievali”, n. 44, dicembre 1997, pp. 110-28; Id., Il medioevo di Internet. Lo stato delle risorse telematiche per gli studi medievali, ivi, n. 45, giugno 1998, pp. 146-79 (testi ora disponibili anche in Id., Medioevo preso in rete. Una guida selezionata alle risorse telematiche per lo studio e per la ricerca, 1998, ). 3. Sull’evoluzione e la crisi della monografia negli ultimi trent’anni e sulle prospettive aperte dall’editoria digitale, cfr. R. Darnton, Libri in Rete, in “La Rivista dei Libri”, n. 9, 1999, pp. 4-6. 4. Osservazioni molto chiare sulla duplice tradizione del testo su libro – interpolabile e filologica – sono ora in R. Simone, La Terza Fase. Forme di sapere che stiamo perdendo, Roma-Bari 2000, pp. 97-122. Sulla fluidità del testo elettronico, cfr. invece, da ultimi, D. Fiormonte, F. Cremascoli, Manuale di scrittura, Torino 1998, pp. 253-60 e F. Carlini, Lo stile del Web. Parole e immagini nella comunicazione di rete, Torino 1999, pp. 46-61. 5. Ancora futuribili appaiono pertanto gli scenari delineati da R. Giannetti, Tecnologie dell’informazione e reclutamento accademico, in “Memoria e ricerca”, n. 3, 1999, pp. 57-65. 6. Mancano indagini specifiche sul grado di alfabetizzazione informatica degli attuali studenti universitari italiani (la generazione dei nati negli anni Settanta del Novecento, che hanno condotto i propri studi nelle scuole medie e superiori nel corso degli anni Ottanta, primi Novanta), ma l’esperienza didattica di chi scrive, confortata dall’opinione di colleghi di varie università italiane ed europee, rileva un livello molto basso di acculturazione digitale fra gli studenti di Storia e di Lettere: solo una minoranza (sia pure crescente) sa usare il computer, pochi usano la posta elettronica, pochissimi utilizzano l’Internet a fini di studio. Una generazione di transizione, dunque. La diffusione nella società di nuove forme di conoscenza e, finalmente, anche nella scuola, di programmi di educazione informatica di base riguarderà le prossime generazioni, compresi gli storici di domani. Peraltro nemmeno il sistema scolastico americano appare conseguire risultati migliori: cfr. Ch. T. Evans, R. Brown, Teaching the History. Survey course using multimedia techniques, in “Perspectives”, 1998. 7. Una ricerca della George Washington University stima al 2013 il superamento dell’editoria cartacea da parte di quella digitale. In “L’Espresso”, 2 dicembre 1999, p. 92. Nel corso degli anni Dieci andranno inoltre fuori ruolo i due terzi degli attuali docenti universitari italiani; agli studi universitari si affacceranno i nati negli anni Novanta del Novecento, che cominciano il loro percorso scolare all’alba del 2000. 8. Benché comincino a essere crescentemente disponibili documenti e studi a testo pieno. Per un primo censimento delle edizioni documentarie per l’età medievale attualmente disponibili, cfr. “Scrineum. Saggi e materiali on-line di scienze del documento e del libro medievali”, n. 1, 1999, Notiziario - Risorse di rete, . Biblioteche digitali di studi medievali sono, per esempio, consultabili in orb, The online resource book for medieval studies, 1995, ; in libro. The library of iberian resources online, 1999, ; in “Reti Medievali. Iniziative on line per gli studi medievistici”, 1999, rm Biblioteca, ; e in “Scrineum”, cit., passim. 9. Su questa stagione, cfr. le annate di “History and Computing”, i-vi (1989-94); i numeri monografici di “Computing and the Humanities”, n. 24, 1990, su Humanities computing in Italy; e “Quaderni storici”, n. 78, 1991, su Informatica e fonti storiche, a cura di R. Derosas, R. Rowland; O. Itzcovitch, L’uso del calcolatore in storiografia, Milano 1993; e i contributi in “Storia & Computer”, cit. 10. Rimangono attuali – a mio avviso – gli opposti giudizi che ormai più di una generazione fa diedero di questi studi Emmanuel Le Roy Ladurie e Laurence Stone, il primo esaltando perentoriamente (correva l’anno 1968) le virtù dei nuovi mezzi – lo storico quantitativo di domani «dovrà essere un programmatore, o non sarà affatto» (Id., Lo storico e il calcolatore elettronico [1968], in E. Le Roy Ladurie, Le frontiere dello storico, Roma-Bari 1976, p. 7) –, il secondo osservando impietoso (in pieno “riflusso” e linguistic turn) i risultati deludenti di ricerche dispendiose in cui «la sofisticazione metodologica supera l’attendibilità dei dati, mentre parrebbe che l’utilità dei risultati stia [...] in un rapporto di correlazione inversa con la complessità [...] della metodologia e la scala grandiosa della raccolta dei dati» (L. Stone, Il ritorno al racconto: riflessioni su una nuova vecchia storia [1982], in Id., Viaggio nella storia, Roma-Bari 1987, pp. 92-3). 11. D. Herlihy, Ch. Klapisch-Zuber, Les Toscans et leurs familles. Une étude du catasto florentin de 1427, Paris 1978; sul metodo di lavoro, cfr. ivi, pp. 7-9 e 101-6. Alcuni dati sono ora disponibili anche in rete: Florentine Renaissance Resources: Online Catasto of 1427, 1995, . Sulla prima informatizzazione degli studi medievistici, in cui si distinsero soprattutto i ricercatori francesi, cfr. anche Informatique et histoire médiévale, a cura di L. Fossier, A. Vauchez, C. Violante, Roma 1977; L’histoire médiévale et les ordinateurs, a cura di K. F. Werner, München-New York-London-Paris 1981; L. Fossier, Vingt ans d’informatique en histoire médiévale, in L’histoire médiévale en France. Bilan et perspectives, Paris 1991, pp. 501-25; e Méthodologies informatiques et nouveaux horizons dans les recherches médiévales, Turnhout 1992. Da rammentare è anche la rivista “Le médiéviste et l’ordinateur”, n. 1, 1979, ora disponibile anche in rete: . 12. Per un panorama dei cd-rom di fonti medievali finora disponibili, cfr. J. Berlioz et al., Identifier sources et citations, Turnhout 1994, pp. 303-4; Zorzi, Medievisti nelle reti, cit., pp. 111-3; e le notizie in Le médiéviste et l’ordinateur, passim. Un elenco abbastanza aggiornato è anche in E. S. Burioni, Ricerche Bibliografiche, Catalogo basi dati e pubblicazioni elettroniche, 1996, . 13. La discussione metodologica si è a lungo concentrata sulle tecniche computazionali applicate alla storia quantitativa: cfr., per esempio, le citate annate di “History and Computing”, anche in rete ; e ora del “Journal of the Association for History and Computing”, n. 1, 1998, . 14. Un’esigenza, viceversa, già avvertita dai conservatori dei beni archivistici e bibliografici, in termini di protocolli di descrizione, forme di controllo bibliografico ecc.: cfr., per tutti, le lucide riflessioni del compianto D. F. McKenzie, Bibliografia e sociologia dei testi [1986], Milano 1999, in particolare pp. 74-6. Sui testi non libri, ivi, pp. 37-57. 15. Il nuovo panorama, che veniva delineandosi già all’inizio degli anni Novanta del secolo xx, era stato colto, forse non a caso, proprio da un medievista, che aveva forgiato la dizione di “metafonti”: J.-Ph. Genet, Source, Métasource, Texte, Histoire, in Storia & multimedia, a cura di F. Bocchi, P. Denley, Bologna 1994, pp. 3-17. Ma la sua proposta di riflessione attende di essere sviluppata. Una maggiore attenzione al problema delle edizioni digitali dei documenti è stata sviluppata, invece, dai diplomatisti, pur sempre nell’ottica disciplinare di un forte ancoraggio al “testo” più che al “metatesto”: cfr. ora la ricognizione critica di M. Ansani, Diplomatica (e diplomatisti) nell’arena digitale, in “Scrineum”, cit., n. 1, 1999, , in cui è anche proposta una “sperimentazione sostenibile” di edizioni critiche sul web. Sulle trasformazioni in atto, mi permetto di rinviare ad A. Zorzi, Linguaggi in mutamento, in Il documento immateriale. Ricerca storica e nuovi linguaggi, a cura di G. Abbattista, A. Zorzi, dossier dell’“Indice dei libri del mese”, xvii, n. 5, maggio 2000, pp. ii-iii. 16. Un chiaro bilancio è in F. Ciotti, Testo rappresentazione e computer. Contributi per una teoria della codifica informatica dei testi, in Internet e le muse. La rivoluzione digitale nella cultura umanistica, a cura di P. Nerozzi Bellman, Milano 1997, pp. 226-32; e Id., Codifica, sgml e Text Encoding Inititative, s.i.d., . 17. Il campo è tuttora dominato dai linguisti e dagli storici della letteratura. Nell’enorme biblio e webliografia accumulatasi ricorderò solo le traduzioni di J. D. Bolter, Lo spazio dello scrivere. Computer, ipertesti e storia della scrittura [1991], Milano 1993; e di G. P. Landow, L’ipertesto. Tecnologie digitali e critica letteraria [1994-1997], Milano 1998 (di cui cfr. anche la webliografia). Cfr. anche D. Scavetta, Le metamorfosi della scrittura. Dal testo all’ipertesto, Firenze 1992; Oltre il testo: gli ipertesti, a cura M. Ricciardi, Milano 1994; e ora G. Bettettini, B. Gasparini, N. Vittadini, Gli spazi dell’ipertesto, Milano 1999. 18. Una felice eccezione è rappresentata dal Decameron Web, 1996, . Un’area di sperimentazione è stata ora avviata, per gli studi medievali italiani, da “Reti Medievali”, cit., rm Rivista-Ipertesti, . 19. Al quale, perlomeno in ambito italiano, ha contribuito senz’altro l’alfabetizzazione coercitiva (da accogliere peraltro positivamente) che è stata impressa dal ministero dell’Università dal 1997, rendendo obbligatorie per via telematica le procedure per il finanziamento della ricerca e, dal 1999, anche quelle elettorali legate al reclutamento universitario. Si cfr. i siti appositi gestiti dal cineca attraverso un sistema telematico tra i più avanzati in Europa, che pone per una volta l’Italia all’avanguardia, come modello per altri paesi: . 20. Cfr., per esempio, i programmi cofinanziati nel 1997-99 dal murst, Dipartimento per gli Affari Economici – Ufficio iii, Programmi di ricerca di rilevante interesse nazionale, in collaborazione con il cineca, . Si vedrà presto se il monitoraggio delle ricerche finanziate verificherà effettivamente anche l’allestimento delle banche dati e dei siti progettati. 21. Come è noto, la diffusione dell’Internet è ormai condizionata in maniera determinante dagli interessi economici del nuovo capitale di impresa e finanziario (la cosiddetta new economy, che ha conosciuto tra il 1999 e il 2000 il suo primo boom). Quella che è stata in origine una rete accademica, e poi progressivamente uno spazio riservato a specifiche culture di rete, si avvia molto probabilmente a diventare lo strumento principale per il mercato di consumo, con ampi riflessi, peraltro non tutti negativi, anche sullo sviluppo delle comunità di studio. Sulla storia dell’Internet, cfr. B. M. Liner, V. G. Cerf et al., A Brief History of the Internet, in “Internet Society”, [1° marzo 1999]; il resoconto giornalistico di K. Hafner, M. Lyon, La storia del futuro. Le origini di Internet [1996], Milano 1998; R. Rosenzweig, Wizards, Bureaucrats, Warriors, and Hackers: Writing the History of the Internet, in “American historical review”, n. 103, 1998, pp. 1530-52; e ora G. Blasi, Internet. Storia e futuro di un nuovo medium, Milano 1999. Sulle comunità di rete, alcuni spunti interessanti anche per quelle accademiche, sono in H. Rheingold, Comunità virtuali [1993], Milano 1994. 22. Zorzi, Medioevo su Internet, cit. 23. Cfr. il nutrito elenco di liste fornito da Edwin Duncan, Medieval academic discussion groups, s.i.d., . 24. Testimoniate esplicitamente da L. H. Nelson, Prima del Web: gli sviluppi della storia on line, in “Memoria e ricerca”, n. 3, 1999, pp. 122 e 127. 25. Dati significativi sulle attività convegnistiche internazionali tra 1998-2000 nel settore degli studi medievistici sono ora disponibili nel Calendario della Medievistica, 1998, , in particolare nelle pagine statistiche. 26. Per testimonianza diretta, in volume e differenziazione degli interlocutori, posso affermare che la diffusione dell’e-mail tra i medievisti italiani, per esempio, ha raggiunto un primo grado di significatività solo nel corso del 1999, e non è ancora capillarmente diffusa. Nel 1996, quando ho aperto il mio account accademico, gli interlocutori medievisti italiani non superavano la decina. 27. In Spagna la lista di Historia Antigua, Medieval y del Derecho (dunque, pluridisciplinare) moderata dal Departamento de Historia del Derecho della Universitad Complutense di Madrid: cfr. Grupo de discusión académica de Historia de España Antigua, Medieval y del Derecho, 1997, . L’unica lista in francese è invece Histoire et culture du Moyen-Age, gestita, peraltro, dall’Université du Québec di Montréal: cfr. . Per la Germania cfr. invece Mediaevistik. Das deutschsprachige Mittelalter, s.i.d., . 28. Da earlymednet-l , dedicata agli “Early Medieval Studies (300-700 a.d.)”, con un taglio prevalentemente archeologico, a quelle che fanno capo al servizio Mailbase sviluppato dallo University computing service della University of Newcastle: Med-and-ren-music, 1992, , dedicata alla musica medievale e rinascimentale; Medieval-religion, 1995, , dedicata al pensiero e alla vita religiosa in Europa dalla tarda antichità alla prima età moderna; Italian-archaeology, 1998, , dedicata all’archeologia classica e medievale; e Medieval-Italy, 1999, , dedicata alla storia e all’archeologia medievale italiana fino al 1350 circa. 29. Cfr. un altro ricco elenco in Université catholique de Louvain, Faculté de philosophie et lettres, Ressources sur Internet. Listes de distribution, 1996, . 30. Qualche considerazione ulteriore ho svolto in Zorzi, Medievisti nelle reti, cit., pp. 116-7. 31. Cfr. i forum pionieristici sulla mistica di Angela da Foligno (aperto da Claudio Leonardi), e sulle gerarchie nella natura dell’uomo nel Medioevo (da Agostino Paravicini Bagliani), sul sito della Fondazione Ezio Franceschini, 1997, . Cfr. ora anche i forum avviati su “Reti Medievali”, cit., rm Rivista-Forum, . 32. Una testimonianza di un “pioniere” degli studi medievali on line, Lynn Nelson (specialista di storia aragonese) è ora in Id., Prima del Web, cit. Sullo stato delle risorse per gli studi storici al momento della diffusione del primo browser web mosaic, nell’estate del 1993, cfr. E. K. Welsch, Electronic Sources for West European History and Culture, v. 2.0, 1993, . 33. Buon punto di avvio è il gateway della Georgetown University, The Labyrinth. Resources for Medieval Studies, 1994, . Ambizioni di e-journal ha invece orb, The Online Resource Book for Medieval Studies, cit. 34. Come invece lasciano intendere ambiguamente alcuni tra i maggiori siti che la indicizzano, come The Online Medieval and Classical Library (omacl), 1995, ; e l’Internet Medieval Sourcebook, 1996, . 35. Come conferma anche la bibliografia già prodotta: Ch. Von Ditfurth, Internet für Historiker, Frankfurt am Main, 1997, pp. 158-75, per le risorse medievistiche; P. Horvath, Geschichte Online. Neue Moeglichkeiten für die historische Fachinformation, Köln 1997; e A. Ohrmund, P. Tiedemann, Internet für Historiker: eine praxisorientierte Einführung, Darmstadt 1999. 36. Buoni punti di partenza sono i seguenti gateways: Historische Ressourcen im Netz (Mittelalter), 1997, ; Mediaevum.de. Germanistische und lateinische Mediävistik im Internet, 1999, , con una specializzazione letteraria; e ora anche il sito del Mediävistenverband, s.i.d., . 37. Repertoriate in “Ménestrel. Ressources et outils documentaires sur Internet pour les médiévistes”, 1998, . 38. Sull’esperienza del Minitel, cfr. ora Blasi, Internet, cit., pp. 47-55. 39. In un curioso esempio di “centralizzazione” al tempo delle reti: cfr. Institute of Historical Research, History, 1993, . L’esiguità della produzione “periferica” di risorse sul web per la medievistica è testimoniata, per esempio, dalla povertà della pagina dedicata ai Medieval studies nello “Humbul. The Humanities Bulletin board” della Oxford University, 1997, . 40. Cfr. P. A. Porras Arboledas, El medievalismo en Internet, in “Medievalismo. Boletin de la Sociedad espanola de estudios medievales”, vii, 1997, pp. 343-61. E ora anche I. Lopez Martin, Internet e la storia di Spagna, tra realtà e progetti, in “Memoria e ricerca”, n. 3, 1999, pp. 131-49. Per il Portogallo, cfr. invece il sito del Núcleo científico de estudos medievais della faculdade de ciências sociais e humanas della Universidade Nova de Lisboa, s.i.d., . 41. Cfr. Documentation Project, 1998, . 42. Le maggiori iniziative sono state, perlomeno, l’apertura del sito della Fondazione Ezio Franceschini, cit., nel 1996; la pubblicazione, nello stesso anno, dell’e-journal “Spolia. Informazioni, studi e ricerche sul Medioevo”, ; e l’attività editoriale on line del Polo informatico medievistico del Dipartimento di storia dell’Università di Firenze, 1998, . 43. Già citata: , è edita dall’Università di Pavia. 44. Anch’essa già citata: , è edita da una redazione di docenti delle Università di Firenze, Napoli, Palermo, Trento e Venezia, ed è distribuita “reticolarmente” su più server. 45. Cfr., per esempio, Enigma Galgano, . 46. U. Eco, intervista a F. Latrive e A. Rivoire, in “La Repubblica”, 8 gennaio 2000, p. 13. Sul problema della valutazione delle risorse per gli studi storici, cfr. anche G. Abbattista, Dalla tipologia alla gerarchia. Idee per una valutazione delle risorse telematiche per gli studi storici, in Cultura comunicazione tecnologia, a cura di F. Vetta, Trieste 1998, pp. 19-34; e Id., La valutazione delle risorse telematiche per gli studi umanistici, in Il documento immateriale, cit., p. x. 47. Per gli studi medievali ricorderò, tra i più recenti, quelli per esempio della collana l’Atelier du médiéviste edita da Brepols: O. Guyotjeannin et al., Diplomatique médiévale, Turnhout 1993; J. Berlioz et al., Identifier sources et citations, Turnhout 1994. In lingua italiana, C. Dolcini, Guida allo studio della storia medievale, Torino 1992; A. Petrucci, Medioevo da leggere. Guida allo studio delle testimonianze scritte del Medioevo italiano, Torino 1992; e P. Delogu, Introduzione allo studio della storia medievale, Bologna 1994. 48. O a effetti collezionistici come, per esempio, quelli di Paul Halsall, editor del (personale) Internet History Sourcebooks Project, . La selezione critica qualitativamente migliore finora disponibile per le risorse medievistiche è offerta dal citato “Ménestrel”, ma siamo ancora lontani da una standardizzazione adeguata. 49. Insieme con Hippias: Limited area search of philosophy on the Internet, 1997, , dedicato alle discipline filosofiche, Argos: Limited area search of the ancient and medieval Internet, 1996, , è anche l’unico motore attualmente disponibile per gli studi umanistici. Per gli studi storici è in via di perfezionamento entro il 2000 un motore italiano – LaStoria, – per opera di un consorzio di pubblicazioni – La Storia.it. Associazione italiana per le discipline storiche on line: ricerca, didattica, editoria – che fanno capo a una decina tra le principali università italiane. 50. Per gli studi medievali afferiscono ad Argos i soli The Labyrinth, cit., e NetSERF: The Internet Connection for Medieval Resources, 1995, , due gateways che sembrano avere decisamente perso lo smalto dei primi anni di pubblicazione. 51. Per l’esempio di una verifica, cfr. quanto in Zorzi, Il medioevo di Internet, cit., p. 151. 52. È quanto si ripropone di perseguire il repertorio critico di “Reti Medievali”, cit., rm Repertorio, , che, per le ambizioni del progetto e la scarsa acculturazione degli studiosi a pensare in termini di integrazione, è ancora (nei primi mesi del 2000) in piena fase di elaborazione. 53. L. De Carli, Internet. Memoria e oblio, Torino 1997, pp. 111-40, in particolare. 54. Cfr. Monumenta germaniae historica, Die elektronischen monumenta (emgh), 1996, . Si stanno cioè mettendo in moto alcuni dei secolari istituti nazionali di ricerca: oltre a quella degli mgh è annunciata anche l’iniziativa dell’École Française de Rome di rieditare digitalmente i Registres et lettres des Papes del xiii e xiv secolo, editi a stampa dagli anni Ottanta del secolo xix, e ora integrati dai testi integrali delle litterae communes di cui i volumi cartacei offrono solo la regestazione: cfr. dell’École Française de Rome, 1999, . 55. Cfr. Centre de traitement électronique des documents (cetedoc), 1997, . 56. In coordinamento con “Scrinuem”, cit., che pubblica l’edizione: cfr. Codice diplomatico bresciano (secoli viii-xii), edizione digitale a cura di Michele Ansani, 1999, . 57. Cfr. International medieval institute, International medieval bibliography, s.i.d., . 58. Cfr. Società internazionale per lo studio del Medioevo latino, s.i.d., ; e cd-mel, 1, Firenze, 1998 (cd-rom). 59. Cfr. di Iter. Gateway to the Middle ages and Renaissance, 1997, . 60. Cfr. Istituto nazionale di studi sul Rinascimento, Bibliografia Italiana di Studi sull’Umanesimo e sul Rinascimento, s.i.d., . 61. Cfr. Comitato nazionale per gli studi e le edizioni delle fonti normative, 1999, De statutis, Bibliografia statutaria italiana, . 62. Cfr. ora Archivio di Stato di Firenze, Mediceo avanti il Principato. Riproduzione digitale integrata del fondo Mediceo avanti il Principato, a cura di F. Klein, 2000 . 63. Carlini, Lo stile del Web, cit., pp. 78-96. 64. Più ricca appare l’offerta web degli enti medievistici americani: cfr. Committee on Centers and Regional Associations della Medieval Academy of America, cara Data Project, s.i.d., . 65. Spunti sulla valutazione delle risorse digitali (non specificamente storiche) in E. Boretti, Valutare Internet. La valutazione di fonti di documentazione web, 2000, in aib-web. Contributi, ; e in S. Manzi, A. Corsi, Citare Internet: un repertorio di risorse in rete, v. 2.0, 1997, in Esb Forum, . 66. Cenni in Ansani, Diplomatica (e diplomatisti) nell’arena digitale, cit., § 8. 67. Una prima introduzione alle nuove tecnologie è in M. Calvo et al., Internet 2000. Manuale per l’uso della rete, Roma-Bari 1999 e in F. Ciotti, G. Roncaglia, Il mondo digitale. Introduzione ai nuovi media, Roma-Bari 2000. 68. Sulle trasformazioni materiali e culturali legate alla diffusione del libro, cfr. E. Eisenstein, La rivoluzione inavvertita [1979], Bologna 1986; e, tra i molti scritti, R. Chartier, L’ordine dei libri, Milano 1994; e Id., Cultura scritta e società, Milano 1999. Per la cultura digitale cfr. ora Il documento immateriale, cit. 69. Cfr. Simone, La Terza Fase, cit., pp. 67-70. 70. Recentissimo è, per esempio, il piano di alfabetizzazione elaborato dalla Commissione Europea per dotare della connessione all’Internet tutte le scuole dell’Unione entro il 2002 per la formazione di docenti e allievi nel campo delle nuove tecnologie: cfr. . 71. Limitandosi all’Italia, l’Università di Bologna organizza dal 1995 (xi ciclo), un dottorato di ricerca in Storia e informatica (informazioni: ); l’Università di Firenze dall’a.a. 1999-2000 un Corso di perfezionamento in Storia e informatica. Nuove tecnologie per la ricerca, la didattica e la comunicazione (cfr. ); e l’Università di Milano, con l’a.a. 1999-2000, ben tre offerte: un dottorato in Elaborazione multimediale per le discipline storiche (cfr. ), un Corso di perfezionamento/Master in Gestione e organizzazione dei documenti contemporanei” cfr. ), e un Corso di perfezionamento/Master in Metodologie dell’Informatica e della Comunicazione per le Scienze umanistiche (cfr. ). Dunque cinque soli corsi distribuiti su soli tre atenei, con una distribuzione geografica che premia, al solito, il Centro-Nord. 72 Interessante nei contenuti e nell’articolazione, appare, per esempio (all’aprile 2000), l’annuncio di una classe di laurea specialistica in Informatica per le discipline umanistiche prevista nel cosiddetto Decreto d’area umanistica, e nell’ambito del generale riordino dell’autonomia didattica degli atenei italiani.