di Rolando Minuti
in Memoria e Ricerca n.s. 2 (1998), p. 201
Lo sviluppo progressivo delle risorse on-line destinate alle discipline umanistiche è un dato ormai evidente a tutti coloro che, per motivi di studio, di ricerca o di semplice curiosità, utilizzano anche solo occasionalmente le risorse telematiche. A distanza di circa cinque anni dalla diffusione dei primi browsers per il web e dall’affermazione di internet – grazie soprattutto alle nuove potenzialità di interazione e di comunicazione grafica da essi consentite – come fenomeno culturale epocale (con implicazioni sul versante sociale e politico che devono ancora essere sondate nelle loro complesse articolazioni), anche l’ambito degli studi storico-letterari, tradizionalmente legato agli spazi chiusi delle biblioteche e alle forme comunicative legate alla stampa e alla pubblicazione cartacea, è andato subendo significative trasformazioni, che sono ben lungi, a nostro avviso, dall’aver raggiunto un punto conclusivo. La percezione della natura e della portata di queste trasformazioni, e l’esigenza di verificare nel concreto le possibilità aperte dalle nuove tecnologie soprattutto sul versante della comunicazione dei risultati della ricerca - ma anche di capire, con la chiarezza che solo l’operare concreto può dare, i problemi nuovi che l’utilizzazione di queste risorse avrebbe aperto - sono state alla base della nascita di Cromohs (un acronimo che rinvia al titolo, per molti perturbante, di Cyber Review of Modern Historiography).
CROMOHS è stata in assoluto una delle prime iniziative (in Italia preceduta solo da ARACHNION sul versante degli studi classici) volte a verificare in ambito storico-letterario le possibilità di esistenza di una rivista integralmente elettronica come sostitutivo dello strumento tuttora fondamentale per la diffusione e la discussione dei risultati della ricerca, ossai la pubblicazione periodica cartacea; distinguendosi in questo - e ponendosi come iniziativa originale, e tuttora poco seguita in ambito nazionale - da forme meno radicali di utilizzazione delle risorse telematiche, quali la presentazione in rete di indici o abstracts di riviste che hanno alle spalle una tradizione editoriale consolidata. Alla base dell’iniziativa, inaugurata nel 1996, stava in altri termini la volontà di dimostrare, con intenti in parte provocatori, che un efficace sfruttamento delle risorse di rete poteva consentire risparmi economici, rapidità nei tempi di pubblicazione (talora drammaticamente lunghi per le riviste tradizionali) e l’instaurarsi di un rapporto diretto, tramite e-mail, tra autori e lettori, di straordinario interesse per la comunità scientifica; al tempo stesso era importante dimostrare, contro obiezioni correnti sul versante dei critici delle nuove tecnologie applicate, che questi risultati non erano necessariamente contraddittori con criteri di selezione e di serietà scientifica. La scelta di un ambito disciplinare sufficientemente settorializzato (la storia della storiografia in età moderna), la costituzione di un comitato scientifico internazionale, l’articolazione in contributi, recensioni e bibliografie, una registrazione legale identica a quella propria delle pubblicazioni periodiche cartacee, sono stati funzionali a questo disegno; e possiamo dire, sulla base del monitoraggio degli accessi al sito (oltre 12.000 al settembre 1998), della presenza della testata in spogli accreditati di risorse elettroniche per le humanities, dell’inclusione in circuiti selezionati di editoria elettronica accademica (CIC Electronic Journal Collection ne è un esempio), che la risposta della comunità dei lettori è stata pienamente soddisfacente.
Motivo non secondario di quello che possiamo definire un successo reale dell’iniziativa, è stata certamente la decisione di legare alla rivista una biblioteca elettronica di fonti storiografiche, che dopo i primi esperimenti ha assunto una presenza autonoma, pur configurata all’interno della rivista (ELIOHS, Electronic Library of Historiography). Lo sviluppo adeguato di una biblioteca virtuale è evidentemente connesso a risorse informatiche ed economiche di cui i responsabili di CROMOHS sono ancora ben lungi dal disporre; ciononostante era importante dimostrare che, senza ambire all’integrazione con potenti strumenti di ricerca testuale interna, senza pretendere di offrire edizioni critiche, un primo livello di utilizzazione efficace della rete era legato al poter disporre semplicemente di testi, che fossero la riproduzione accurata, in linguaggio HTML – nel rispetto delle norme di copyright - di opere spesso non facilmente reperibili. Abbiamo in altri termini pensato, empiricamente, all’uso di testi e documenti affidabili in contesti didattici (seminariali soprattutto) e di ricerca di storia della cultura, immaginando gli scenari, che vanno lentamente concretizzandosi, di una biblioteca virtuale universale in cui buona parte del patriminio librario universale possa essere a portata di mouse, superando quelle difficoltà fisiche e spaziali che spesso costituiscono un ostacolo formidabile nel rapporto tra documento librario e lettore; un orizzonte che poteva apparire visionario ancora cinque anni fa (e che suscitava spesso ambigui sorrisi di comprensione) ma che adesso, con le iniziative di Gallica, dell’ ARTFL, della British Library, del CIBIT etc., appaiono assai più concreti. Molte di queste iniziative erano inesistenti o solo agli esordi quando ci siamo dedicati alla realizzazione di ELIOHS, mentre adesso si configurano come importanti referenti - rispetto ai quali ELIOHS si presenta come una piccola bottega artigiana - che inducono a riflettere sulle necessità di integrazione e di armonizzazione delle risorse e dei progetti.
La natura sperimentale di CROMOHS è stata e continua ad essere un suo connotato distintivo, e questo non solo per le premesse e gli intenti a cui abbiamo prima accennato, ma per la natura stessa della tecnologia applicata e del suo sviluppo, che pone problemi di adeguamento e di aggiornamento ai quali solo in parte possiamo rispondere. Nonostante l’economicità dell’impresa (incomparabile rispetto anche alle più piccole iniziative editoriali tradizionali) ed il suo basarsi quasi per intero sull’opera volontaria di collaboratori, è evidente che senza un’adeguata disponibilità di risorse, umane e finanziarie, molte delle potenzialità che potrebbero essere sperimentate e verificate restano compresse; ed è chiaro, pur senza approndire un tema che meriterebbe più ampio sviluppo, che una normativa ancora incerta sulla natura della pubblicazione elettronica, sul riconoscimento ad essa di un valore equivalente alla pubblicazione a stampa (a fini concorsuali soprattutto), sulla creazione di "depositi" legalmente riconosciuti di materiale testuale elettronico, etc., ostacolano sensibilmente per le riviste elettroniche la possibilità di attingere a fonti adeguate di risorse e di presentarsi autorevolmente come reali possibili sostituti delle pubblicazioni periodiche cartacee. Le stesse ragioni rendono inoltre meno appetibile la pubblicazione elettronica rispetto alla pubblicazione cartacea e creano serie difficoltà nel momento in cui si cercano elaborati originali, per i quali l’edizione elettronica non sia intesa come parallela ad un’edizione cartacea, come sua anticipazione o come semplice ristampa on-line.
L’articolazione interna di CROMOHS, richiamata in precedenza, la natura dei contributi pubblicati, la stessa presentazione grafica (che rimandava al mondo tranquillizzante della carta e dei libri) erano intesi come forme utili per ammorbidire l’impatto del nuovo mezzo sui lettori a cui più tenevamo, ossia a quegli studiosi forse meno giovani, certamente meno pratici nella manipolazione di strumenti informatici, ma che incarnano al meglio la tradizione della ricerca e degli studi umanistici, convinti del fatto che la separazione che si va profilando tra il "vecchio modo" di fare storia della cultura e una nuova generazione di umanisti-informatici sia potenzialmente nociva, e che sia anzi indispensabile la ricomposizione di quell’unità tra la tradizione disciplinare e le nuove tecnologie che spesso viene spesso trascurata o disattesa; una ricomposizione che spesso è oggettivamente faticosa, per suscettibilità o forme di presunzione documentabili su entrambi i versanti. Tuttavia è chiaro che l’utilizzazione di queste tecniche di presentazione non eliminano il dato importante che una rivista elettronica non è una rivista cartacea riprodotta in diverso formato, e che la conformità tra le due entità è più il risultato della volontà di chi produce l’oggetto elettronico, piegandolo ed adeguandolo a forme intese come più idonee, che non il portato naturale del mezzo stesso. La stessa nozione di rivista, la periodicità, l’articolazione in numeri, sono elementi propri delle pubblicazioni cartacee tradizionali rispetto alle quali il mezzo elettronico apre scenari e possibilità assolutamente diverse. Anche per la periodicità - forse il punto più delicato - riteniamo di aver sperimentato una soluzione soddisfacente, che salvasse la forma tradizionale non ostacolando le potenzialità propria di un mezzo che consente l’aggiornamento continuo; abbiamo cioè introdotto una nozione di periodicità annuale in base alla quale ciascun numero si "apre" il primo gennaio di ogni anno e si "chiude" con la conclusione dell’anno solare (soluzione che ci è stata riconosciuta come contributo innovativo su questo versante di problemi). Ma altri aspetti, quali il rapporto tra testo e note, il rinvio a documenti non presenti direttamente nella nota inclusa nel testo ma ad altri documenti o indicazioni bibliografiche presenti in rete, la possibilità di pubblicare non solo elaborati conclusi ma cantieri di ricerca aperti e non necessariamente legati ad un solo autore, la possibilità di aprire tribune di discussione (i nuovi "seminari" in un mondo che assuma le reti come strumento privilegiato di comunicazione) aperti al contributo di studiosi la cui presenza fisica in un’aula universitaria sarebbe difficile, molto costosa e spesso assolutamente impraticabile, costituiscono altrettanti scenari che – pur individuati con sufficiente chiarezza – non siamo ancora stati in grado di tradurre in risultati. Sono aspetti che naturalmente portano, insieme a grandissime potenzialità sul versante della ricerca e della didattica, anche problemi rilevanti che non è il caso neppure di sfiorare in questa sede; in una formula rapida, alla base non sta solo il problema della destinazione dei risultati della ricerca, ma quello, di assai maggiore portata metodologica, di "scrivere per la rete" piuttosto che "scrivere per la carta stampata".
Siamo tuttavia convinti che solo nell’attuazione concreta di progetti e nella sperimentazione su oggetti reali di queste potenzialità dell’editoria eletttronica, al di là di speculazioni teoriche la cui sovrabbondanza è ormai suffientemente palpabile, sia possibile avere maggiore chiarezza sulla natura dei mutamenti in atto e sugli scenari che si stanno aprendo. L’esperienza maturata con CROMOHS costituisce certamente, in questo quadro, un patrimonio utile, che i responsabili di questa iniziativa sperano di poter incrementare, se troveranno sostegni e risorse adeguate, seguendo la linea metodologica di una consapevolezza critica su basi empiriche e sperimentali che le è propria sin dalle origini (nel "lontano" 1996); ed è al tempo stesso, e soprattutto, auspicabile che questa iniziativa possa affiancarsi presto a nuove esperienze nella stessa direzione operativa, poiché particolarmente sul versante delle nuove tecnologie applicate alla ricerca umanistica non è il "primato" che conta e serve, ma il confronto continuo di contributi, problemi e soluzioni.