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Memoria e Ricerca

Studi storici e biblioteche digitali: tre incontri

di Paola Faggi
in Memoria e Ricerca n.s. 12 (2003), p. 175


È arrivato nel 2002 al suo terzo appuntamento il ciclo di workshops su studi storici e biblioteche digitali, organizzati dal Dipartimento di Studi Storici e Geografici dell’Università di Firenze.

 

Il primo degli incontri, quello del 20001, recava il titolo Dalla Historia Literaria a Xanadu: biblioteche, bibliografie e cataloghi fra realtà e virtualità. Se il sottotitolo è sufficientemente esplicativo, le voci Historia Literaria e Xanadu necessitano qualche spiegazione.

 

La prima vera organica bibliografia era stata quella di Konrad Gesner, Bibliotheca universalis, sive Catalogus ommnium scriptorum locupletissimus…, uscita a Zurigo nel 1545. Ma il termine “bibliografia” fu coniato solo nel 1633 da Gabriel Naudé, bibliotecario del cardinale Mazarino e autore della Bibliographia politica2. Tuttavia la nuova espressione ebbe all’inizio scarsa fortuna, e per tutto il Seicento l’attuale significato di “bibliografia” continuò spesso a essere espresso dal termine “bibliotheca”. Contemporaneamente, «per quanto concerne il ruolo che la bibliografia ha sempre svolto nella storia delle idee e della letteratura, essa era inserita all’interno della historia literaria»3, intesa questa come «la perizia delle cose scritte»4; e tale pratica si protrasse per molto tempo, fino a quasi la metà del XVIII secolo.

 

Sulla sponda cronologicamente opposta, Xanadu rappresenta il progetto più ambizioso (e forse mai realizzabile) per il futuro. Tale disegno, ideato negli anni Sessanta da Theodor Holm Nelson dovrebbe «sostituire completamente ogni altro genere di pubblicazione e archiviazione, ospitando su una rete capillare di calcolatori tutti i documenti testuali e multimediali esistenti […]. Da qualsiasi documento compreso in Xanadu, secondo Nelson, si sarebbe potuti passare a qualsiasi altro, seguendo diversi tipi di associazioni logiche in una sorta di ipertesto planetario»5.

 

Sulla base di tali premesse storico-terminologiche il workshop del 2000, coordinato da Riccardo Ridi6, è stato incentrato sui rapporti tra bibliografie e cataloghi, su come erano intesi dalle biblioteche e dagli studiosi nella tradizione, e su come stiano cambiando progressivamente e sostanzialmemte con l’avvento di Internet.

 

Ridi ha riflettuto sull’argomento e possiamo dire che ha ribadito quanto da lui già espresso in un articolo su «Biblioteche oggi»: «informatica e telematica sono soltanto le forme in cui attualmente si incarna una idea ben più antica, secondo la quale, di fronte a un insieme di biblioteche collegate fra loro, abbiamo qualcosa che è maggiore della somma delle sue parti, un organismo, una entità […] che permette agli utenti di ciascuna biblioteca componente di accedere ai documenti posseduti […] da tutti gli altri componenti e di sviluppare una coerenza complessiva delle collezioni e un livello di servizi impossibili e impensabili come mera somma algebrica di quelli prodotti dai singoli componenti. La iper-biblioteca […] risultante è una biblioteca virtuale»7. Cioè, con l’avvento dell’informatica è cambiata la struttura organizzativa dell’informazione, dando luogo a risorse ben più vaste rispetto al passato; ma i concetti fondamentali rimangono gli stessi. Infatti, ha affermato Ridi, anche una pagina web è un oggetto fisico; oggetti fisici e veicoli di informazione sono sia i libri, sia le pagine web, sia i CD, ecc.: cioè cambiano i tipi di supporto, ma essenzialmente si può dire che, in ambito informativo-documentario, gli elementi della tradizione e gli elementi propri del mondo telematico facciano parte di un continuum.

 

Lo stesso concetto di “biblioteca virtuale” – ha continuato Ridi, inducendo così a un’importante riflessione – non è assolutamente nuovo: «La virtualizzazione della biblioteca […] è un processo a più livelli […]. La biblioteca virtuale è sempre esistita, se si pensa che ogni catalogo o bibliografia, in quanto collezione immateriale di libri fisicamente dislocati altrove, non è reale»8. E infatti egli aveva già definito la stessa voce bibliografia: «Ogni bibliografia, ovvero ogni elenco di documenti descritti senza riguardo alla loro localizzazione fisica, costituisce in un certo senso […] una biblioteca virtuale, ovvero una collezione solo ideale, astratta, di documenti»9.

 

E con Internet il vero fatto nuovo, per la biblioteconomia e per la ricerca, è che praticamente si è realizzato il punto di sfondamento: il concetto di bibliografia e quello di catalogo sono ormai sconfinati l’uno nell’altro.

 

Comunque – ha evidenziato Ridi – al centro della biblioteca elettronica (che è ancora “materiale”), ma anche della biblioteca digitale (che è “immateriale”), c’è sempre il catalogo che, largamente arricchito rispetto a quello locale, si estende nei vari tipi di OPAC: OPAC collettivi, integrati, cumulati; meta-OPAC, multi-OPAC, ecc.

 

Rispetto a questo grande ventaglio di possibilità di interrogazione è emersa dal dibattito l’evidente confusione terminologica attualmente regnante tra biblioteca multimediale, biblioteca elettronica, biblioteca digitale, ecc. Riguardo a tale aspetto, Ridi ha ribadito la notevole provvisorietà che ancora vige tra questi termini, come infatti aveva già affermato nello stesso suo articolo: «C’è ancora molto movimento in giro, e la terminologia è pionieristica […]. Le stesse cose vengono chiamate in modi diversi. I termini nascono e muoiono con grande velocità»10.

 

All’interno dello stesso filone ha fatto seguito nel 200111 un altro workshop dal titolo La valutazione delle risorse digitali: biblioteche ibride e studi storici, coordinato sempre da Riccardo Ridi e, questa volta, anche da Guido Abbattista12.

 

Questo secondo incontro è stato incentrato sulla valutazione dei reference works digitali, e ovviamente sugli elementi che rimangono costanti e su quello che invece c’è di nuovo rispetto alla valutazione dei repertori cartacei. Quando si parla di reference works ci si riferisce evidentemente alle opere di consultazione, che si possono considerare anche meta-documenti, in quanto documenti che servono non di per sé ma per arrivare al reperimento di altri.

 

In ambiente bibliotecario tradizionale questi comprendono: guide, indici, bibliografie, enciclopedie, dizionari, manuali, repertori di vario tipo.

 

In ambiente digitale i documenti di consultazione possono comprendere due tipi di strumenti: uno è dato dalla trasposizione su supporti multimediali delle stesse opere cartacee consuete, ma con una offerta di possibilità e di accessibilità di gran lunga superiore a quella del formato cartaceo; l’altro è dato da una abbondanza di repertori precipui di Internet, quali indici web per parola, indici web per soggetto, indici web specializzati in determinate discipline, indici web di siti recensiti, e poi indici su base geografica o cronologica, virtual reference desks, e tanti altri ancora.

 

Come Ridi ha opportunamente ricordato, perché tali strumenti rimangano validi e attuali, l’aggiornamento è indispensabile sia in ambiente tradizionale, sia in ambiente digitale. Egli ha quindi parlato in maniera dettagliata dei criteri di valutazione, e quindi di selezione, delle opere di consultazione in generale, per le quali tali criteri – è da sottolineare – sono complessivamente gli stessi indipendentemente dal supporto, sia esso cartaceo o elettronico. A questo riguardo egli ha posto l’accento sul contenuto intellettuale (che include copertura dichiarata, copertura effettiva, coinvolgimento di un comitato scientifico o di un ente, presenza di full-text e abstract, ricchezza e correttezza dei riferimenti bibliografici, esplicitazione delle fonti, frequenza dell’aggiornamento, dimensioni, ecc.), sull’ordinamento (che include accuratezza degli indici e dei rimandi), sugli aspetti economici. In particolare invece – ha notato il relatore – caratteristiche specifiche hanno i criteri di selezione per banche dati in linea o su cd-rom, e altre ancora specifiche ne hanno i criteri di selezione per risorse Internet. Su questi ultimi egli si è soffermato accuratamente, proponendo come fondamentali: presentazione (che comprende indicazione della responsabilità intellettuale ed editoriale, frequenza dell’aggiornamento, appropriatezza di metadata, presenza in ogni pagina di un link alla home-page, accessibilità, usabilità, esistenza di manualistica), appropriatezza di links, stabilità (ossia stabilità dell’URL, o meglio esistenza di una permanent-URL, stabilità e velocità del collegamento, uso di un dominio proprio, presenza di archiviazione retrospettiva). Su quest’ultimissimo punto è da sottolineare l’importanza che Ridi ha attribuito al recupero del retrospettivo delle pagine web, per contrastare la loro volatilità. In maniera lungimirante a tale proposito egli aveva affermato già in un seminario del 1997:

 

 

Se nessuno si occuperà di “archiviare Internet”, ovvero di preservare e catalogare almeno le principali varianti dei documenti disponibili in rete […] il World Wide Web sarà per sempre condannato a vivere in un eterno presente di documenti aggiornati, privi di qualsiasi dimensione storica. […] Si potrebbe tentare di conservare per le generazioni future almeno i documenti elettronici disponibili in Internet […] che si considerano più stabili, compiuti, identificabili e descrivibili, proprio come in quasi tutti i paesi del mondo si cerca di ottenere in ambiti più tradizionali il controllo bibliografico universale e la disponibilità universale delle pubblicazioni mediante le due armi delle bibliografie nazionali e del deposito legale, che coprono una vasta percentuale, ma mai la totalità, dei documenti prodotti13.

 

 

L’altro coordinatore, Abbattista, ha inteso chiarire che occorre sviluppare una capacità valutativa nuova rispetto a strumenti di ricerca che sono di tipo nuovo. Egli ha affrontato la valutazione delle risorse web affermando di poter far propria la griglia elaborata da due bibliotecari americani, Jan Alexander e Marsha Ann Tate14, i cui punti sono: autorevolezza, accuratezza, obiettività, aggiornamento, completezza. A questi punti Abbattista ha proposto da parte sua di aggiungerne altri due, che sono utilizzabilità e trasparenza. È stata citata anche, come alternativa, la proposta stilata sulla base della griglia di Whittaker, presentata da Elena Boretti in Valutare Internet15. Quest’ultimo schema prospetta la successione: autorevolezza, progetto, contenuto, struttura, impaginazione, manifattura, posizionamento. Come si vede dunque il dibattito su tali criteri è ancora tutto aperto16: l’esigenza che questi vengano stabiliti rimane molto forte. Ma il punto di partenza della valutazione – come ha sottolineato Abbattista (e come risulta anche dai due esempi citati) – deve essere quello dell’autorevolezza: cioè il sapere di chi è la paternità intellettuale del documento web, allo stesso modo in cui era fondamentale saperlo per il documento cartaceo. È evidente quanto ciò ricalchi nella sostanza i criteri di valutazione abituali.

 

Nell’appuntamento del 200217 (coordinato di nuovo da Ridi e Abbattista), dal titolo I repertori delle risorse digitali, ci si è occupati ancora di reference works. Se l’anno precedente questi erano stati considerati dal punto di vista dei criteri di valutazione in generale, l’anno seguente ci si è addentrati nella valutazione di singole risorse in particolare. E si è inoltre mirato a riflettere su come si può costruire un buon repertorio consultabile in Internet, e su come anche recuperare risorse informative mediante tecniche collaudate di information retrieval.

 

Questa parte sui temi dell’organizzazione e della ricerca è stata svolta da Ridi. Egli ha esordito affermando che sono i servizi che trasformano una raccolta di materiale documentario in una biblioteca: la costruzione di un repertorio è quindi da intendere come strumento per permettere di trovare il documento giusto per la persona giusta, al momento giusto. E quindi l’attività di repertoriazione deve essere una emanazione caratteristica dell’organizzazione bibliotecaria, la quale dovrebbe riuscire a sommare le proprie competenze tecniche con le specifiche competenze disciplinari.

 

Alla domanda su come si fa un buon repertorio in ambito digitale, Ridi ha risposto in maniera molto semplice che occorre applicare gli stessi criteri che si adottavano per fare una buona bibliografia in ambito tradizionale. Essa deve esplicitare al suo inizio i propri criteri-guida, cioè le inclusioni, le esclusioni, ecc.; fondamentalmente deve stabilire il livello scelto di repertoriazione, deve contenere indici rigorosi, deve avere links appropriati (che poi corrispondono ai vecchi rinvii). «Non c’è niente di nuovo con il Web rispetto al passato» ha dichiarato infatti Ridi. E ha aggiunto che, tra repertori per risorse analogiche e repertori per risorse digitali ci sono, concettualmente, più analogie che differenze. Vediamo infatti che la stessa organizzazione delle directories per argomento ha una struttura gerarchica scendendo dal generale al particolare, secondo i canoni classici della nostra cultura. Gli stessi strumenti che sono attualmente alla base dell’information retrieval, gli “operatori logici booleani”, provengono appunto dalle elaborazioni logico-matematiche di George Boole che ha impresso una svolta decisiva alla logica alla metà dell’Ottocento, partendo dal modello sillogistico aristotelico e superandolo. Del resto, gli insiemi che sottostanno alle relazioni stabilite da NOT, AND, OR, XOR sono concetti che si studiano anche a scuola, ma forse non viene evidenziato abbastanza il collegamento tra matematica e logica, tra matematica e mondo dell’informatica. Probabilmente – ha concluso Ridi – si pone un problema di “educazione a Internet”, che si dovrebbe basare su canoni concettuali acquisiti dalla cultura tradizionale, all’insegna della continuità.

 

L’altro coordinatore, Guido Abbattista, ha incentrato il suo intervento sui portali, e in particolare su quelli di storia.

 

Ha adeguatamente premesso che ci troviamo di fronte «l’effetto di livellamento e di appiattimento della grande varietà di prodotti della rete, la possibilità generalizzata di produzione di informazione, l’inesistenza quasi totale di meccanismi di filtro e selezione ex ante dei materiali destinati alla pubblicazione in linea»18. Soprattutto questi, e altri ancora, sono i motivi per cui in questa fase «per la ricerca di informazione nella rete, la necessità di guide ragionate è più forte che nel mondo della carta stampata»19. Da qui si intende perché la problematica dei portali sia oggi così importante. Egli ha affermato che orientativamente un portale di storia dovrebbe costituire l’avvio a una bibliografia ragionata; ma, a questo punto della diffusione di Internet, i portali specializzati dovrebbero ormai evolversi verso la forma di “banca dati di area”.

 

A dimostrazione di ciò il relatore ha citato, nell’immenso panorama della Rete, due casi da considerare esemplari. Il primo è rappresentato da WWW Virtual Library History20, un progetto che si potrebbe definire “federale e decentrato”21, in quanto non proviene da un singolo o da un gruppo definito, ma «è il risultato di un grande lavoro distribuito […] al quale si è offerta una cornice, una struttura logica di presentazione»22. All’interno di un sistema così congegnato, che è complessivamente all’altezza degli obiettivi che si propone, si possono tuttavia verificare dei punti di debolezza, come per esempio una certa eterogeneità nella qualità delle risorse indicate. Anche l’altro esempio di portale citato da Abbattista, Humbul Humanities Hub23, dedicato alle risorse umanistiche, si avvale del contributo di collaboratori esterni attraverso la rete, ma – ha rilevato l’oratore – ha un carattere più centralizzato e quindi più rigoroso. Humbul è mantenuto presso l’Università di Oxford da ricercatori, bibliotecari e informatici: e proprio questi – ha notato Abbattista – sono i soggetti che si dovrebbero coordinare per un’operazione del genere. I risultati dimostrano infatti la massima serietà: sono definiti i criteri di inclusione ed esclusione dei tipi di risorse, sono elencate le fonti da cui vengono attinte le informazioni, sono esplicitati gli obiettivi, l’aggiornamento è costante. Humbul è in conclusione da tenere come modello.

 

La disamina sui portali di storia è stata successivamente approfondita nell’intervento di Filippo Chiocchetti24. Egli ha dato una interessante definizione:

 

 

Un portale è sostanzialmente un aggregatore di informazione che offre un servizio di navigazione sul WWW facilitando il lavoro di ricerca: nati come evoluzione dei motori di ricerca, i portali hanno associato agli strumenti tipici di questi […] altri servizi, informativi e non, allo scopo di proporsi come accesso preferenziale. […] Rispetto ai search engines, che lasciano l’utente in balia dell’indeterminatezza della rete, i portali sono più rassicuranti, offrono percorsi predeterminati, selezionano per l’utente […] evitandogli faticose ricerche personali25.

 

 

Dopo avere affrontato la distinzione tra portali “generalisti” o “orizzontali” e portali “verticali”, cioè orientati in partenza per ricerche mirate, il relatore ha chiarito che le guide di interesse per gli storici rientrano ovviamente in quest’ultimo gruppo, del quale è passato a considerare alcuni casi in particolare.

 

Conducendo una ricognizione in base ad ambiti cronologici, per il settore di storia antica Chiocchetti ha decisamente presentato la Rassegna degli Strumenti Informatici per lo Studio dell’Antichità Classica26 a cura di Alessandro Cristofori, come guida che, per completezza, chiarezza e aggiornamento, «si colloca a un livello di eccellenza assoluta»27. Essa annovera documentazioni letterarie, epigrafiche, papiracee, numismatiche, nonché riviste, biblioteche elettroniche e siti relativi al settore.

 

Per quanto riguarda la medievistica, il relatore ha collocato a un alto livello Reti Medievali28, che ha definito «una costellazione di prodotti telematici organicamente collegati, che riunisce una biblioteca, un repertorio, un bollettino degli eventi, una rivista, strumenti per la didattica e per la ricerca»29. La stessa presentazione del suo Repertorio dichiara infatti che esso «non raccoglie indifferentemente tutte le risorse esistenti sul web, prescindendo dalla loro qualità, […] né si limita alla sola indicazione di ciò che è disponibile in formato digitale, ma […] prospetta un quadro integrato fra risorse digitali e tradizionali strumenti di orientamento per la didattica e per la ricerca»30.

 

Per la modernistica Chiocchetti ha considerato che forse l’unico esempio veramente valido è il Server Frühe Neuzeit31, specifico per il periodo 1500-1800, anche se in fase di ampliamento proprio in senso cronologico. Esso è suddiviso in diverse sezioni: Themen contiene progetti di ricerca su singoli argomenti, Literatur presenta una serie di bibliografie, Länder apre finestre su risorse a carattere geografico, Forschung è uno spazio aperto agli storici per far conoscere in anteprima i risultati del proprio lavoro, Linkempfehlungen costituisce la guida vera e propria alle risorse on line, di ottimo livello per l’ordinamento e l’aggiornamento.

 

Spostando l’attenzione dalle iniziative per singoli ambiti cronologici verso portali con un contenuto a più vasto raggio, Chiocchetti ha ribadito (come già espresso da Abbattista) la grande validità di Humbul Humanities Hub32, rivolto alla selezione di risorse di rete relative a tutta l’area umanistica.

 

Ha quindi affrontato il tema della WWW Virtual Library33, «un network di siti web che fungono da guide alle risorse telematiche relative a particolari argomenti»34, in pratica un grande portale mantenuto da un insieme di volontari che compilano pagine per singole aree di competenza. Il relatore ha posto l’attenzione soprattutto su WWW-VL History35, la guida per le risorse storiche, da cui si accede a WWW-VL History Central Catalogue36 (che contiene anche una sottosezione denominata Research: Methods and Materials comprendente tra le altre voci un elenco dettagliato di bibliografie e indici), oppure alle sezioni: By topic per settori tematici, e Regional per aree geografiche. Da alcuni (per ora) di questi siti geografici, ma anche dal Central Catalogue, ci si può collegare al WWW-VL EUI European History Project37 ospitato dalla Università di Lawrence (Kansas, USA) e mirrored presso la biblioteca dell’Istituto Universitario Europeo (IUE) di Firenze. È da ricordare che dalla sezione di storia italiana, l’Italian History Index38, si può raggiungere una recente rilevante iniziativa denominata The Best of the Italian History Index39, supportata da un Editorial Board che riunisce figure di primo piano per quanto riguarda le competenze storiche sul web oggi in Italia.

 

È evidente come un’architettura così complessa (descritta qui solo a grandi linee), che si può dire “a grappolo”, utilizzi largamente le possibilità offerte dalla Rete, quale nuovo strumento di ricerca. Il parere di Chiocchetti sull’esempio della Virtual Library, e sulla lezione che da essa se ne trae, è netto: «Il giudizio sulla Virtual Library non può prescindere dal riconoscimento della sua sostanziale indispensabilità […]; la struttura federativa su cui si basa […] garantisce comunque un livello medio apprezzabile e soprattutto la copertura di moltissime tematiche, assolutamente non alla portata di un singolo catalogatore»40. D’altra parte – ha spiegato ancora il relatore – «la vastità e multiformità tanto della rete quanto degli interessi storiografici sono tali per cui è impossibile pensare di identificare in un solo portale l’unico punto d’accesso per la storiografia. […] Ecco allora emergere la necessità di una evoluzione: dal portale al meta-portale, cioè da un sito autonomo a un sistema che riunisce e coordina gli sforzi di iniziative indipendenti»41.

 

La soluzione dunque, al momento attuale, è da individuare in un portale in grado di interconnettere una pluralità di siti federati tra loro. Questa è stata nella sostanza la conclusione cui si è pervenuti nel workshop del 2002 – una conclusione che, nel dibattito finale, ha trovato tra i vari partecipanti un accordo generalizzato.

 

NOTE

 

* Gli indirizzi dei siti web citati sono stati controllati il 27 ottobre 2002.

 

1. 16 giugno.

 

2. Venetiis, Baba, 1633.

 

3. G. Del Bono, La bibliografia: un’introduzione, Carocci, Roma, 2000, p. 15.

 

4. Serrai, voce Bibliografia, in Enciclopedia Italiana, Appendice V, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma, 1991, p. 354.

 

5. F. Metitieri, R. Ridi, Biblioteche in rete: istruzioni per l’uso, Laterza, Bari, 2002, p. 49.

 

6. Docente di biblioteconomia all’Università di Venezia e coordinatore di AIB-WEB.

 

7. R. Ridi, Biblioteche in rete e biblioteche virtuali, in «Biblioteche oggi», n. 8, 1998, p. 22.

 

8. Per citare testualmente riprendiamo le parole già espresse in F. Metitieri, R. Ridi, Ricerche bibliografiche in Internet, Apogeo, Milano, 1998, p. 54.

 

9. R. Ridi, Biblioteche in rete e biblioteche virtuali, cit., p. 23.

 

10. Ibid.

 

11. 31 maggio-1 giugno.

 

12. Docente di storia all’Università di Trieste.

 

13. R. Ridi, Il retaggio multimediale fra hardware, software e politiche culturali, in L’automazione delle biblioteche nel Veneto; l’irruzione della multimedialità <http://www.aib.it/aib/sezioni/veneto/ridi.htm>, oppure La qualità del Web della biblioteca come equilibrio tra forze centrifughe e centripete, in La qualità nel sistema biblioteca, a cura di O. Foglieni, Bibliografica, Milano, 2001, p. 207.

 

14. J. Alexander e M. A. Tate, Evaluating Web Resources, ultima revisione luglio 2001, <http://www2.widener.edu/Wolfgram-Memorial-Library/webevaluation/webeval.htm>.

 

15. E. Boretti, Valutare Internet: la valutazione di fonti di documentazione web, ultimo aggiornamento maggio 2000, <http://www.aib.it/aib/contr/boretti1.htm>.

 

16. Altri contributi sull’argomento sono citati dalla stessa Boretti in appendice al suo studio.

 

17. 6-7 giugno.

 

18. G. Abbattista, Portali, repertori e guide: riflessioni su alcune esperienze in corso, (materiali preparatori al workshop 2002), <http://www.storia.unifi.it/_storinforma/Ws/biblio/Abbattista_
portali.doc>.

 

19. Ibid.

 

20. <http://www.vlib.org/History.html>.

 

21. G. Abbattista, Portali, repertori e guide, cit.

 

22. Ibid.

 

23. <http://www.humbul.ac.uk>.

 

24. Dell’Università del Piemonte Orientale.

 

25. F. Chiocchetti, Sulle tracce delle risorse: uno sguardo sull’evoluzione dei repertori storiografici online, (materiali preparatori al workshop 2002), <http://www.storia.unifi.it/_storinforma/Ws/biblio/Chiocchetti-Risorse.doc>.

 

26. <http://www.rassegna.unibo.it/index.html>.

 

27. F. Chiocchetti, Sulle tracce delle risorse, cit.

 

28. <http://www.rm.unina.it/repertorio>.

 

29. F. Chiocchetti, Sulle tracce delle risorse, cit.

 

30. <http://www.rm.unina.it/repertorio/presenta.html>.

 

31. <http://www.sfn.uni-muenchen.de/>.

 

32. <http://www.humbul.ac.uk>.

 

33. <http://vlib.org>.

 

34. F. Chiocchetti, Sulle tracce delle risorse, cit.

 

35. <http://www.vlib.org/History.html>.

 

36. <http://www.ukans.edu/history/VL/>.

 

37. <http://vlib.iue.it/>.

 

38. <http://vlib.iue.it/hist-italy/Index.html>.

 

39. <http://vlib.iue.it/hist-italy/best.html>.

 

40. F. Chiocchetti, Sulle tracce delle risorse, cit.

 

41. Ibid.