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Memoria e Ricerca

Verso lo storico on line: alcune esperienze di formazione postlaurea in Italia e in Gran Bretagna

di Stefania Gallini
in Memoria e Ricerca n.s. 6 (2000), p. 189


Conoscere la mappa dei siti di interesse per la ricerca storica e saperne valutare criticamente la serietà scientifica e l’accuratezza, saper gestire e partecipare a liste di discussione di area storica, avere esperienza di editoria elettronica e di costruzione di siti Internet, essere tecnicamente competenti e socio-psicologicamente capaci di organizzare e impartire corsi di storia on line, sviluppare la abilità, insolita per gli storici, al lavoro di gruppo insieme a tecnici informatici ed esperti di nuove tecnologie.

Se per ragioni generazionali capita di voler imparare la professione dello storico in tempi di accelerazione  tecnologica, queste sono solo alcune delle competenze che la evoluzione del mestiere sembra avviata a richiedere agli storici di domani. L’argomento interessa e spaventa gli storici di oggi per la prepotenza e la rapidità con le quali le nuove tecnologie, e Internet più di tutte, sono entrate nel discorso del fare e insegnare la storia, se non proprio nella sua pratica. Ancor più affascinante e imperativo lo è per chi oggi si prepara a una professione che, nella migliore delle ipotesi, eserciterà in senso pieno (e retribuito) del termine tra 5 o 10 anni. Senza dover scomodare certi paragoni marinettiani, è tuttavia facile vedere come nella “rivoluzione Internet” e in quella della educazione a distanza che ne è la traduzione in didattica, le nuove generazioni siano tentate di adombrare la nuova frontiera della modernità.

Qualunque sia la propria posizione a riguardo, chiunque osservi lo sviluppo della ricerca storica e del dibattito tra gli storici negli ultimi anni non potrà non convenire che le competenze richieste allo storico del prossimo futuro stanno cambiando. Resistendo alla grande attrazione di entrare nel dotto dibattito epistemologico, le note che seguono si offrono come contributo informativo e pragmatico al tema della formazione dello storico. Sorgono da una sollecitazione autobiografica di chi scrive, ovvero quella di capire quali sono, nel campo della “storia e computer”, le opportunità di specializzazione nel mercato accademico italiano e britannico. In altre parole, data la profonda trasformazione che gli strumenti del fare e insegnare la storia stanno vivendo, queste note sperano di fornire un orientamento critico tra contesti formativi nati allo scopo di addestrare ad usare in modo critico, efficace e creativo questi strumenti. Molti sono i problemi sottintesi e irrisolti da un approccio puramente pratico a una materia ancora indefinita, come quello qui seguito. Tutta da esplorare resta, per esempio, l’incognita della collocazione di queste figure specializzate in un panorama accademico come quello italiano dove, non esistendo ancora lauree né cattedre di “storia on line”, come auspicato da Serge Noiret in conclusione al suo La didattica della storia su Internet 1, nemmeno esistono specifiche nicchie occupazionali. Tuttavia, raccontare e riflettere sull’esperienza di questi corsi-pilota può ben servire sia agli studenti freschi di laurea in cerca di ulteriore o più spendibile specializzazione, sia a chi, da stabili e consolidate posizioni accademico-istituzionali, ha l’interesse e il dovere di elaborare risposte ai nuovi bisogni formativi.

 

Metodologia

A guisa di premessa metodologica, è bene precisare che le informazioni qui presentate sono ricavate da una ricerca svolta esclusivamente via Internet. Certamente per la Gran Bretagna e purtroppo molto meno per l’Italia, questa è oggi la maniera più efficace ed economica per acquisire informazioni aggiornate e in breve tempo anche sulla offerta accademica e formativa.

 

Di qui il primo caveat e anche la prima riflessione critica. In Gran Bretagna ormai da tempo e in Italia in modo crescente, i website delle università e dei centri di ricerca sono a ben vedere presentati e gestiti come pagine pubblicitarie, di cui riproducono lo stesso intrinseco difetto: non se ne scopre la vera qualità finché non si consuma il prodotto. E, appunto come in pubblicità, l’accattivante etichetta e l’ammiccante presentazione sono spesso pericolosamente dissociate dalla bontà del contenuto. Questo significa che, basati come sono su una analisi di ciò che le università stesse decidono di mostrare al pubblico, i giudizi e le riflessioni che accompagnano le informazioni contenute in questo breve articolo potrebbero rivelarsi mal calibrati rispetto alla realtà dei corsi, che si conoscono soltanto per la loro esistenza virtuale. La considerazione tende ad essere probabilmente più applicabile all’Italia, dove la atavica tendenza all’addobbo retorico e alla descrizione nebbiosa riesce ad offuscare a volte l’identità dell’oggetto, mascherandone i contenuti e lasciandone incogniti i confini e le procedure.

 

History and Computing: corsi
di perfezionamento in Gran Bretagna

 

Anche conoscendo affidabili motori di ricerca nel mare dei siti di università e college britannici, la ricerca di corsi di specializzazione che abbiano come scopo la formazione di uno/a storico/a competente in uso di Internet e tecnologie multimediali non è agevole né rapida. I casi sono talmente sparuti da diventare quasi invisibili nella rete. Senza voler discettare sulle proprietà e le differenze tra il sistema universitario britannico e quello italiano, varrà la pena ricordare i tratti principali dell’educazione postuniversitaria in Gran Bretagna.

 

I corsi postlaurea si dividono tipicamente in diplomi, master e dottorati di ricerca, in ordine di durata e di progressione accademica. Di questi, i master compongono la gran parte della offerta didattica postlaurea delle università e includono la maggioranza della popolazione studentesca (esclusi gli undergraduates). Si tratta di corsi di un anno che completano la preparazione universitaria, con una specializzazione indirizzata al mercato del lavoro o al proseguimento degli studi. A questi ultimi si accede di norma essendo in possesso di un titolo di master, anche se non necessariamente nella stessa disciplina. Tra i primi due anni e il terzo del dottorato di ricerca (ph.d.), lo studente deve superare un esame che gli/le attribuisce il titolo di m.phil., un sorta di passaggio intermedio che può però anche rappresentare un titolo di per sé, della durata in tal caso di uno o due anni. I casi che si presentano e discutono qui coprono l’intera gamma descritta: corsi brevi, master, m.phil e ph.d.

 

Del primo genere fanno parte alcuni corsi brevi che da anni l’Institute of Historical Research (ihr) della University of London ha attivato presso la propria sede. Internet Sources for Historical Research, un corso gratuito di pochi giorni rivolto a studenti iscritti a corsi postlaurea in Gran Bretagna, si propone come introduzione generale all’uso di Internet (compresi uso della posta elettronica, come scaricare risorse da Internet, uso dei navigatori ecc.) utilizzando il website dell’Istituto come pista di lancio e di esercitazione. Un secondo breve corso, Databases for Historians, è indirizzato a chi, iniziando una ricerca storica, intenda esplorare i vantaggi dell’uso di un database. L’ihr ha vissuto una stagione di pionierismo di Internet applicato alla storia. Nel 1996 si era dotato di una attrezzatissima sala computer e aveva inaugurato History on line, una pagina web che con autorevolezza si pose come una delle prime pagine di orientamento della storia su Internet in Europa. Il caso, per la verità triste, dell’ihr sta a dimostrare quanto sia penalizzante non riuscire a sostenere un livello costante di spesa in aggiornamento informatico e quanto sia cruciale poter contare su personale specificamente predisposto alla implementazione del website. Superato da altre priorità di spesa, dopo solo quattro anni il laboratorio informatico del centro è obsoleto; History on line ha perso la posizione di preminenza che aveva conquistato, ampiamente surclassato da altri più utili, meglio aggiornati, più facilmente navigabili, più completi metaindici di risorse per la ricerca storica, come quello di sissco/iue 2. L’alto prezzo pagato dall’Istituto per la sua posizione di pivot della materia include anche il lancio fallimentare nell’ormai lontano 1995 di un master in tecnologie innovative per la storia. Il primo anno ebbe due studenti, il secondo non ne ebbe alcuno e fu impietosamente soppresso, senza lasciare oggi apparente traccia. Una scelta di tempo forse troppo azzardata, ma certamente un progetto non sostenuto con caparbietà, costanza e sufficienti risorse.

 

Di altro tenore è la storia della University of Glasgow. Tra le cinque università più antiche del Regno Unito, insieme alle più note Oxford e Cambridge, con i suoi 16.000 studenti (di cui 2.000 extraeuropei), è oggi una delle maggiori e più prestigiose università britanniche. Una qualità che potrebbe anche rafforzare se, come alcuni analisti hanno pronosticato, un numero crescente di studenti inglesi dovesse decidere di optare per quella sede in risposta alla recente decisione del Parlamento scozzese di abolire le tasse universitarie in Scozia, ribaltando così la impopolare e storica decisione del governo laburista di Tony Blair nel 1998 di introdurre tasse per la frequenza delle università pubbliche del Regno. La Università di Glasgow si vanta di essere un centro internazionalmente riconosciuto di “historical computing”, ma davvero non sembra essere una esagerazione pubblicitaria. Di fatto l’università è un caleidoscopio interessante e illustrativo della gamma di possibili applicazioni di Internet alla ricerca e all’insegnamento della storia. La pertinenza con l’argomento di queste note consiglia di iniziare con il m.phil (taught) in History and Computing. Il corso 3, della durata di 12 mesi a tempo pieno o 24 a tempo parziale, fa parte della offerta didattica della School of History and Archaeology, ovvero cinque dipartimenti con un totale di 60 “member staff” che coprono disciplinariamente l’archeologia, la storia medievale e moderna, quella scozzese e la economica e sociale. È indirizzato sia a studenti che, laureati in storia o materie affini, desiderano addestrarsi alla applicazione del computer alla storia, sia a chi è proiettato verso un dottorato di ricerca (non necessariamente in storia) in cui la competenza informatica sia di aiuto. Nelle note informative del corso si precisa che l’enfasi è posta sull’uso di applicazioni informatiche piuttosto che sulla programmazione, e che per frequentarlo non sono necessarie conoscenza informatiche pregresse. I contenuti e gli obiettivi del corso, esposti con invidiabile chiarezza, sono riassumibili in tre categorie: l’apprendimento pratico di strumenti e metodi innovativi per la ricerca storica; la maturazione di una esperienza di preparazione e presentazione di una ricerca storica in modo convincente e in forma chiara e strutturata; l’acquisizione di conoscenze in tecnologie informatiche e gestione dati trasferibili ad altri campi. Che queste non siano semplici e vuote dichiarazioni d’intenti lo fa pensare la strutturazione del programma, ancora una volta concreta, precisa e succinta: due corsi annuali obbligatori dedicati rispettivamente a Methods and Techniques of Historical Computing e Issues and Debates in Historical Computing, e un corso facoltativo in due moduli. Tra i metodi e le tecniche compaiono: gestione di database, interpretazione delle fonti, preparazione dei dati, costruzione di banche dati, information retrieval, codificazione, metodi qualitativi e quantitativi. Ovvero un panorama vasto, se non completo, di ciò che più comunemente serve ad uno storico dell’era tecnologica. Il secondo corso introduce invece ai temi teorici e al dibattito storiografico in cui i metodi quantitativi e informatici hanno giocato un ruolo influente. Nei due moduli opzionali si focalizzano due tematiche storiche (History of Medicine since 1700 e Teactions to the Black Death) delle quali acquisire una conoscenza più approfondita e sulle quali esercitare le nuove metodologie. A conclusione del corso, gli studenti elaborano una tesi di 15-20.000 parole nella quale devono dimostrare «the successful integration of history and computing methods through a full-scale computer based project». Come di norma nei master o m.phil britannici, la valutazione del lavoro degli studenti è ripartita in esercitazioni durante la frequenza dei corsi, esami finali e una tesi.

 

Detta quale sia l’organizzazione, la struttura, gli scopi del m.phil in History and Computing e provando ad analizzare criticamente l’iniziativa, si può dire che alcuni elementi fondamentali la rendono apparentemente solida e certamente appetibile per uno studente in processo di selezione di possibili sedi di studio: la concretezza del programma, il supporto tecnologico, l’esistenza di una comunità scientifica impegnata sulle tematiche del corso. A ben vedere sono elementi che rimandano ad una caratteristica determinante della University of Glasgow: questo master fa evidentemente parte di un percorso complesso e di uno sforzo coordinato di applicazione delle tecnologie informatiche all’apprendimento e insegnamento della storia e della archeologia. Come sa chi cerchi di difendere progetti innovativi nelle università e nei centri di ricerca, questo significa sostegno istituzionale, continuità di finanziamento, appoggio del corpo docenti, consenso sulle priorità di sviluppo, cooperazione tra tecnici, personale e docenti. La navigazione nel website della università è prodiga infatti di conferme.

 

Il corso di specializzazione in History and Computing poggia sui dish (Design and Implementation of Software for Historians) Laboratories 4, attrezzati con più di 30 computer di alta qualità e completi di Internet e tutti i software del caso, e assistiti da un Computer Development Officer. La School of History and Archae­ology che organizza il corso, inoltre, ospita anche il Computers in Teaching Initiative Centre (ctic) in History, Archaeology and Art History e il tltp History Courseware Consortium, due esperienze innovative che sono alla base del m.phil e allo stesso tempo lo completano. Se si conviene infatti che, per come è disegnata la sua carriera professionale, uno storico deve prepararsi ad essere un esperto di ricerca storica ma anche un insegnante di storia, allora si capisce la rilevanza dei centri appena nominati. Il ctic interpreta le potenzialità del web per l’insegnamento, ovvero l’e-learning, come è divenuto noto, ponendosi come obiettivo quello di incoraggiare l’uso dei computer per migliorare la qualità della educazione superiore nel Regno Unito. In concreto, è il centro al quale i docenti ricorrono per conoscere quali software si adattano meglio al proprio corso, come disegnare corsi e esercitazioni che integrino materiali elettronici in coerenza con i propri obiettivi educativi, come imparare ad usare questi strumenti.

 

Il tltp History Courseware Consortium 5 è una esperienza altrettanto emozionante per il neofita della storia on line. L’idea è quella di fornire agli studenti di storia “tutorials” multimediali in formato cd-rom su alcune tematiche storiche, che spaziano dalla riforma protestante, alla storia di genere tra l’Illuminismo e la Seconda guerra mondiale, alla rivoluzione del 1848 6. Nonostante il persistente scetticismo britannico verso la cooperazione europea, Glasgow non manca nemmeno di collegamenti con centri europei affini. Finanziato dal Fondo sociale europeo, è attivato uno scambio con la University of Leiden, sede della Databank for Urban History e del Netherlands Historical Data Archive. Nell’ambito del programma europeo erasmus/socrates, sei studenti della School of History hanno inoltre la possibilità di frequentare la Erasmus Summer School dedicata ai “New Methods in History”, che si svolge ogni estate alla University of Bergen.

 

Storia e nuove tecnologie: corsi
di perfezionamento in Italia

 

La School of History della University of Glasgow è certamente un caso importante per lo sviluppo del rapporto tra “storia e computer” intesa come campo disciplinare e la sua integrazione nell’organigramma accademico. Tuttavia, è altrettanto sicuramente lungi dall’essere un caso diffuso in Gran Bretagna, e anzi spicca per il suo ruolo avanguardista e spe­ri­mentatore.

Simile compito stanno svolgendo in Italia alcune iniziative a Milano e a Firenze: il dottorato di ricerca in Elaborazione multimediale per le discipline storiche e il master in Metodologie dell’informatica e della comunicazione per le scienze umanistiche, organizzati rispettivamente dal Dipartimento di Storia della società e delle istituzioni della facoltà di Scien­ze politiche e dalla facoltà di Lettere e filosofia, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze dell’informazione, entrambe della Università degli Studi di Milano; e a Firenze il Corso di perfezionamento in Storia e informatica. Nuove tecnologie per la ricerca, la didattica e la comunicazione, organizzato e gestito dal Dipartimento di Storia dell’Università di Firenze.

 

In tutti e tre i casi non si è ancora concluso il primo ciclo di studi, solo al termine del quale saranno disponibili i dati necessari per poter ragionare sul risultato raggiunto. Alcune riflessioni, basate sull’impianto organizzativo e sul contesto didattico e di ricerca nel quale i corsi sono inseriti, sono comunque lecite.

 

Il dottorato di ricerca in Elaborazione multimediale per le discipline storiche è nato nel 1997 da un gruppo eterogeneo di docenti di storia 7, storia della fisica e informatica persuasi che questa fosse la maniera opportuna di entrare sia nel dibattito sollevato dalla multimedialità e dalle nuove tecnologie applicate alla storia, sia nella formazione di storici orientati alla produzione di materiali storiografici non tradizionali. A guardarlo dall’esterno, si direbbe che l’attivazione del corso risponde sì alla volontà di raccogliere la sollecitazione che viene da una parte della comunità degli storici nazionale ed internazionale a rivedere la posizione dello storico in un mondo fatto di reti e di multimedialità. Ma di questa evoluzione riconosce anche tutta la problematicità epistemologica e storiografica. Lungi, quindi, dall’essere una proclamazione di fede neopositivista, come quella che a volte pare catturare i profeti della nuova obiettività dello storico “tecnologizzato” o quelli della democrazia virtuale, l’istituzione del corso mi pare sia invece la risposta alla preoccupazione di voler forgiare uno “storico informatizzato” che mantenga però salde radici nella tradizione storiografica italiana e per il quale la finalità della produzione di un materiale storiografico innovativo non diventi un fine absoluto, ma resti parte di un percorso di conoscenza critica.

Se c’è qualcosa di pericoloso, infatti, nella evoluzione della storia on line e multimediale è che la complessità dell’aspetto tecnico del lavoro arriva ad essere tanto predominante che finisce con l’andare a detrimento del contenuto scien­tifico e culturale del lavoro stesso. Non è dunque superfluo che, come pare essere il caso del dottorato in questione, il richiamo alla riflessione critica degli strumenti sia parte cruciale della formazione, purché questo non ingessi la produzione di materiali storiografici.

Con esiti altalenanti, il programma di studi deve lottare ogni anno per guadagnare il proprio spazio nella distribuzione delle borse di dottorato, un condizionamento che non può non pesare sull’organizzazione delle attività seminariali collegate al corso e sulla capacità di progettazione di lungo periodo. Non stupisce dunque che, dato il numero in ogni caso ridotto dei dottorandi (massimo tre), il calendario delle attività collegate e motivate dal programma resti limitato 8, circostanza forse superabile incentivando la loro frequenza da parte di dottorandi e laureandi in altre discipline storiche.

La troppo giovane età dell’esperienza non dà per ora modo di conoscere quale sia la ricaduta educativa e innovativa sulla offerta didattica del Dipartimento. Sarebbe ad esempio auspicabile che gli insegnamenti impartiti agli studenti del corsi di laurea recepissero l’esperienza che il dottorato maturerà, integrandolo così nella attività educativa e culturale del Dipartimento. Una istituzione, per altro, che offre altri segnali della propria intenzione di protagonismo nel discorso e nella pratica della evoluzione della disciplina storica verso l’interazione con l’informatica.

 

Ad iniziativa di un diverso gruppo di storici del Dipartimento, si sta per attivare il master in Gestione e organizzazione dei documenti contemporanei, un corso di preparazione di archivisti capaci di gestire la documentazione contemporanea (anche elettronica) di imprese ed enti pubblici territoriali 9. Pur non rientrando a pieno titolo nei corsi di formazione dello storico on line, di cui sono oggetto queste note, è chiaro tuttavia che fa parte di una offerta formativa orientata da un lato ad agganciare la professionalità dello storico, e dell’archivista in particolare, al mondo delle imprese e della pubblica amministrazione, e dall’altro a rispondere ad una esigenza di formazione permanente alla quale sono sensibili i professionisti già occupati nella gestione di documenti contemporanei 10.

Da ormai alcuni anni, inoltre, si è costituito il centum, Centro di ricerca per la promozione e lo sviluppo delle nuove tecnologie didattiche per le scienze umane, del quale sono referenti il prof. Roberto Moro e il dott. Stefano Galli. Il focus di interesse del Centro è l’editoria multimediale, di cui è produttore, analista e formatore allo stesso tempo. Il centum ha realizzato infatti due cd-rom: Sui campi di Galizia. Gli italiani d’Austria e il fronte orientale: uomini, popoli, culture nella guerra europea, e I luoghi della memoria della Resistenza in Lombardia; svolge poi un utile lavoro di studio delle tendenze generali delle politiche editoriali multimediali delle case editrici nazionali ed internazionali; infine, si è di recente dedicato allo sviluppo di tesi di laurea multimediali e alla collaborazione con l’Università di Genova per la realizzazione di un corso di formazione per editor multimediali.

Se a questo mosaico di iniziative si aggiungono i corsi on line Urbana ’99 (Sociologia urbana) 11 e Metodi ’99 (Metodi e tecniche della ricerca sociale) 12 del Dipartimento di Sociologia, si ha materiale per poter concludere che la facoltà di Scienze politiche nel suo complesso sta accumulando esperienze nella educazione a distanza e nuove tecnologie applicate alle discipline umanistiche che, se fossero coordinate e integrate in un programma organico, potrebbero fare della facoltà un polo di sviluppo nazionale in questo campo.

 

A maggior ragione sembra, questo, un futuro auspicabile per l’Ateneo intero, se si tien conto che in questa direzione va anche la facoltà di Lettere e filosofia. Nel gennaio di quest’anno è stato infatti attivato il master in Metodologie dell’informatica e della comunicazione per le scienze umanistiche, corso di sei mesi diretto ai laureati in discipline umanistiche ai quali anche i settori tradizionali di sbocco occupazionale (archivi, biblioteche, musei, editoria, turismo, comunicazione ecc.) richiedono competenze culturali, purché corredate da capacità di interagire con le tecnologie informatiche. Il succinto programma disponibile on line non è chiaro sulla strutturazione precisa del corso, ma si apprende che integrerà lezioni tradizionali, esercitazioni, work­shop, conferenze e gruppi di lavoro, coprendo l’arco delle materie rilevanti per l’oggetto del corso, come l’editoria multimediale, tecnologia della comunicazione, teoria dell’immagine, linguistica computazionale, “storia ed informatica”, tecnologie per il web, gestione di basi di dati, elementi di programmazione ecc.

 

Nemmeno manca all’Ateneo milanese il basilare supporto tecnico e professionale specializzato in multimedialità ed educazione a distanza. Tutti i corsi on line disegnati e attivati nelle diverse facoltà si appoggiano infatti ai laboratori e al personale del ctu, Centro di servizio per le tecnologie e la didattica universitaria multimediale e a distanza, consolidata e ricca fucina di esperienze nel campo, maturate però finora soprattutto in collaborazione con le facoltà scientifiche 13.

 

Tenendo conto di questo quadro complesso di esperienze maturate, competenze stratificate 14 e interessi convergenti verso l’interazione tra discipline umanistiche e informatica, non può non stupire che l’Università degli Studi di Milano come tale non giochi un ruolo di più alto profilo nella innovazione tecnologica delle discipline storiche. Una carenza alla quale non deve essere estranea la mancanza di un chiaro e riconoscibile progetto integrato di sviluppo in questo senso.

L’altro caso che merita di essere recensito qui è quello del Corso di perfezionamento in Storia e informatica. Nuove tecnologie per la ricerca, la didattica e la comunicazione, organizzato e gestito dal Dipartimento di Storia della Università di Firenze. Nonostante la comparazione con il modello anglosassone sia spesso impossibile e quasi sempre fuorviante, tali e tante sono le differenze di impostazione, finalità, partecipanti e status tra due pur omonimi corsi: questo corso per molti versi pare avvicinarsi a quella tradizione. Lo è senz’altro per la chiarezza della strutturazione e degli obiettivi: 402 ore complessive divise in mo­duli didattici ripartiti tra una introduzione di alfabetizzazione informatica, un corposo ciclo di lezioni, e poi seminari, work­shop, laboratori, stage, attività di tutorato e verifiche a metà corso. Il corso è rivolto ad un pubblico di laureati vasto, ma non onnicomprensivo, essendo la laurea in discipline storiche la discriminante per chi provenga da facoltà non tradizionalmente umanistiche, come Economia o Scienze politiche. Il costo, particolare non di scarsa rilevanza per gli studenti che vi parteciperanno, è la metà di quello del master di Milano, più sopra commentato, a quasi parità di ore.

 

Il percorso didattico si articola intorno alla storia, le metodologie, i linguaggi, le prospettive dell’applicazione delle nuove tecnologie alla ricerca, alla didattica storica e alla comunicazione, ponendo un particolare accento sulla dimensione pratica ed applicativa.

 

A differenza della norma nei master in Gran Bretagna, i corsi in Italia di pari livello tendono a offrire ai partecipanti la possibilità di svolgere stage presso aziende o enti pubblici, condizione che normalmente costituisce l’attrattiva del corso di specializzazione per le reali o presunte opportunità di occupazione che questi periodi di addestramento forniscono. Anche il corso di Firenze prevede una esperienza formativa sul campo da svolgersi presso biblioteche, strutture di conservazione dei beni storici e culturali, istituzioni ed enti di ricerca, aziende e case editrici, di cui tuttavia non è stata anticipata l’identità. Sarà interessante conoscere quale sarà il ritorno occupazionale di un corso come questo, che ha senz’altro individuato una domanda del mercato, ma difficilmente può conoscerne l’ordine di grandezza.

 

Un ulteriore indicatore della chiarezza di intenti e di obiettivi del corso è l’elenco delle lezioni previste, che raggruppano quattro tematiche nient’affatto vaghe e generaliste:

 

  Introduzione storica, teorica e metodologica ai rapporti tra informatica e ricerca umanistica.

 

  Elaborazione digitale e gestione elettronica delle fonti testuali.

 

  Elaborazione digitale e gestione elettronica delle fonti non testuali e documentarie.

 

  Gli aspetti comunicativi: la ricerca, la didattica, la divulgazione.

 

Senza necessità di riportarne qui tutti i dettagli informativi, valga soltanto concludere ricordando un altro punto qualificante dell’iniziativa, anche rispetto agli esempi similari già commentati: la valutazione. I docenti e gli organizzatori del corso accolgono la pratica della valutazione, per così dire, multipla e biunivoca: dilazionata nei vari moduli, e quindi diversificata nelle assai diverse componenti della formazione, ma anche aperta, seppure in via sperimentale, al giudizio da parte degli iscritti sulla base di questionari relativi ai singoli moduli. Un’altra abitudine consolidata nell’accademia britannica, ma assai recente e per nulla generalizzata in quella italiana.

Il corso si chiude con la presentazione di un elaborato elettronico originale, che andrà a implementare il server del Dipartimento di Storia insieme alla memoria elettronica dell’intero corso, a beneficio anche dei futuri fruitori del master biennale del quale gli organizzatori auspicano questo corso sia l’impianto.

 

A mo’ di conclusione, l’aspetto che ci pare più notabile di questa iniziativa, come già di quella di Glasgow, è che con tutta evidenza non si tratta di una manifestazione estemporanea e isolata. Al contrario, dalla navigazione del sito sia del corso sia del Dipartimento si apprende che questo è piuttosto un punto di snodo di un progetto di lunga durata, nutrito dalle esperienze del seminario interdisciplinare Internet per la didattica e per la ricerca storica nell’anno accademico 1997-98, del corso di perfezionamento in Metodologia della ricerca storica, dedicato nell’anno accademico 1998-99 alle applicazioni informatiche, e dei Workshops su storia e informatica.

 

Se un suggerimento è lecito muovere agli organizzatori di questo pionieristico corso, è di non dimenticare le proficue ed inesplorate possibilità di collaborazione interuniversitaria con realtà europee, come quella di Glasgow appunto, dalle quali la neonata scuola di formazione italiana dello storico on line trarrebbe indubbi vantaggi. I programmi della Unione Europea lo permettono, gli studenti lo desiderano, la tecnologia lo rende attuabile.

 

Note

 

 

1.  L’articolo in versione on line si trova in <http://www.racine.ra.it/oriani/memoriaericerca/noiret.htm>.

2.  La pagina informativa del progetto è <http://www.iue.it/>.

3.  La sua pagina web è <http://www2.arts.gla.ac.uk/History/pgbroch.html#comp>, ma conviene consultare anche altre pagine degli studi postlaurea della School of History per avere un quadro più preciso: <http://www2.arts.gla.ac.uk/History/pgbroch.html>.

4.  Il progetto dish iniziò nel lontano 1985, a ulteriore dimostrazione che la History and Computing non è una estemporanea trasgressione a Glasgow. Il suo scopo è quello di incoraggiare l’insegnamento della computazione storica e fornire assistenza agli storici che integrano l’uso del computer nel loro lavoro accademico. Vedi <http://www2.arts.gla.ac.uk/History/dish.html>.

5.  tltl sta per Teaching and Learning Technology Programme, programma del uk Higher Education Funding Councils.

6.  I cd-rom sono organizzati intorno ad un saggio principale di un autore-autorità nella materia, dal quale dipanano in modo ipertestuale la riproduzione di fonti primarie, fonti secondarie, immagini, cartine geografiche, tavole e grafici, bibliografia, cronologie. Come suggerisce ottimisticamente David Englander, docente della Open University, nella sua recensione al History Courseware Consortium, «History as presented here means that all in future will be active rather than passive learners capable of accessing and manipulating information in an informed and coordinated manner». I cd-rom sono in vendita anche per il pubblico. Cfr. <http://www.gla.ac.uk/~histtltp>.

7.  Il coordinamento è affidato alla prof.ssa Paola Olla Brundu e informazioni generali si possono trovare al sito <http://users.unimi.it/˜dssi/dottorat.html#2>. Sono grata alla prof.ssa Ada Ferrari e al prof. Antonino Recupero, membri del collegio docenti del dottorato di ricerca in questione, per le informazioni e le riflessioni di cui mi hanno fatto partecipe rispondendo ai miei interrogativi. La responsabilità di quanto qui si esprime resta tuttavia esclusivamente mia.

8.  Nel 1998 si sono svolti seminari su Ricerca storica e multimedialità e Lo storico di fronte all’archivio digitale. Del primo seminario era relatore il prof. Guido Abbatista della Università di Trieste, del secondo il dott. Francesco Cerchio. Il convegno era invece il nono simposio biennale del Milan Group in Early United States History, organizzato dalla prof.ssa Loretta Valtz Mannucci, docente di Storia americana.

9.  La presentazione e le informazioni relative a questo master si trovano al sito <http://users.unimi.it/~dssi/master.htm>. La sua forza e appetibilità per uno studente laureato credo stiano nella frequenza di stage presso un nutrito numero di imprese private ed enti pubblici territoriali. Ringrazio la dott.ssa Giovanna Tonelli, referente del master, per la sua utile e gentile collaborazione.

10.   Il master ha infatti suscitato interesse sia da parte di dipendenti pubblici e privati preposti alla gestione di archivi correnti sia gli archivisti formati alle scuole di archivistica, paleografia e diplomatica degli Archivi di Stato, per i quali è urgente la esigenza di acquisire competenze specifiche alle nuove tecnologie.

11.   Il corso è impartito dal prof. Guido Martinotti e da un nutrito gruppo di tutor ed esperti di appoggio. Progenitore di Urbana ’99 è Urbana ’98, la prima edizione sperimentale del corso, e Moebius, seminario on line di Sociologia visuale realizzato nel 1996. Vedi <http://www.ctu.unimi.it/ricerca/progetti/> e al suo interno le voci Moebius e Urbana ’99.

12.   Francesca Zajczyk è la docente del corso, che ha il suo sito in <http://metodi.ctu.unimi.it/metodi99/Register.htm>.

13.   Le pagine web del ctu si trovano in <http://athena.ctu.unimi.it>.

14.   Un altro buon indicatore dell’evoluzione della materia nella Università degli Studi sono le tesi di laurea relative alla educazione a distanza e alle tecnologie multimediali applicate alla didattica prodotte negli ultimi anni. Se ne trova un elenco in <http://www.ctu.unimi.it/ricerca/tesi.htm>.