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Memoria e Ricerca

Comportamenti e relazioni tra i membri di comunità virtuali: il caso delle scienze sociali

di Alessandra Guigoni
in Memoria e Ricerca n.s. 10 (2002), p. 135


Antropologia@cyberspazio

Dal punto di vista tecnologico Internet è una rete di reti che utilizza protocolli in comune per collegare migliaia di reti in tutto il mondo, ma dal punto di vista dell’arena socioculturale Internet costituisce anche un terreno di ricerca sociale praticamente illimitato per i cosiddetti etnografi del cyberspazio, paragonabile al "Nuovo Mondo" per l’estensione delle terre ancora inesplorate e per la novità dei suoi paesaggi antropici, come furono appunto le Americhe per cronisti viaggiatori al seguito dei Conquistadores.

Gli scienziati sociali, in primis antropologi e sociologi, hanno rivolto la propria attenzione con sempre maggiore insistenza e determinazione al Web e alla comunicazione mediata dal computer (d’ora in poi CMC) che lo contraddistingue; oggetto di studio sono diventati messaggi e le persone che animano chat room, newsgroup, mailing list e via discorrendo. Queste persone sovente si aggregano e diventano stabili fino a formare vere e proprie comunità, denominate virtuali; una definizione di esse, ancora insuperata, è data da H.Rheingold, che le definisce come: «Aggregazioni sociali che emergono dalla rete quando un certo numero di persone porta avanti delle discussioni pubbliche sufficientemente a lungo, con un certo livello di emozioni umane, tanto da formare dei reticoli di relazioni sociali personali nel ciberspazio». (1)

Le comunità virtuali sono dunque composte da persone che condividono interessi, aspirazioni, ideali e corrispondono tra loro per mezzo di computer interconnessi, usando modalità e mezzi tipici della CMC; le comunità virtuali "vivono" nel cyberspazio, ossia nello spazio creato dalla connessione di migliaia di migliaia di computer, che formano una rete di reti, ossia Internet. Le comunità virtuali (d’ora in poi VC) sono così chiamate perché almeno teoricamente, ripropongono sulla Rete alcune caratteristiche delle comunità reali, almeno in termini di solidarietà, di risonanza morale e d’intimità di relazioni, contrapponendosi alla società, con le sue caratteristiche di legami basati sulla contrattualità. (2) Vengono inoltre definite "virtuali", in quanto dipendono dall’esistenza del cyberspazio, uno spazio impalpabile, elettronico, reale ma alternativo alla concezione di spazio "tradizionale".

All'interno di queste comunità virtuali si ritrovano meccanismi sociali basati sulla reciproca stima e la credenza in medesime idee, obiettivi, che porta a condividere un progetto unitario on line, e a lavorare sul Web per realizzarlo. Il progetto condiviso può riguardare il dibattimento di determinati temi, la condivisione di informazioni e risorse su un determinato argomento, la costruzione di spazi comuni dedicati a credenze, idee, e altro ancora.

Esistono moltissimi tipi di VC, classificabili in quattro macrocategorie a seconda degli scopi per cui le persone si consorziano: comunità di interesse, commerciali, di fantasia, di relazione.

Le prime comprendono comunità che gestiscono canali di comunicazione e spazi centrati su contenuti e interessi personali per lo più di natura culturale; mentre le comunità di fantasia sono ambienti virtuali ispirati a videogame e altro materiale di intrattenimento, frequentati soprattutto da giovanissimi. Le comunità di relazione uniscono per lo più persone che condividono esperienze personali passate e presenti simili, come matrimoni, divorzi, nascita di figli, malattie ecc.; infine le comunità commerciali sorgono attorno a siti, portali, emall commerciali, i cui membri spesso fungono da intermediari.

Naturalmente la maggior parte delle VC sono ibridi di queste quattro macro categorie, frequente è il caso delle comunità di interesse con caratteristiche anche commerciali: negli ultimi anni infatti chi si occupa di comunicazione e marketing in Rete a livello manageriale si è reso conto che tra le potenzialità emergenti di Internet vi sono proprio le VC. Le VC sono diventate protagoniste di nuovi modelli nel consumo, nel lavoro on line e possono diventare "nuovi baricentri" attorno ai quali costruire e ripensare forme e dinamiche di innovazione e di competizione sul Web. (3)

Il mio interesse nei riguardi delle VC è nato sul finire del 1996, quando in Italia come altrove, la maggior parte dei dibattiti sulle VC avveniva senza il supporto di esempi concreti basati su ricerche quantitative o qualitative. Il più delle volte la discussione si basava su pareri personali poco meditati e motivati e le comunità virtuali venivano viste negativamente o con un certo sospetto, come arguito tra gli altri da due tra i primi studiosi delle VC anche con metodologia etnografica, Peter Kollock e Mark Smith. (4)

Nel frattempo il dibattito sulle VC diveniva sempre più stimolante, man mano che sul Web italiano nascevano e si sviluppavano comunità di filosofi, antropologi, storici, in una parola di cultori delle scienze umane e sociali, impegnati nella costruzione e nello sviluppo di portali e vortali basati sulla diffusione di discipline umanistiche.

Tra il 1996 ed il 1997 avevo già iniziato a partecipare a diverse chat e newsgroup italiani di carattere sociale e culturale. Poi la mia attenzione si è spostata su siti relativi a interessi intellettuali, gestiti da gruppi di persone, definibili come VC.

Le VC di interesse intellettuale italiane sono numerose; alcune gestiscono portali e siti dedicati alla letteratura, alla storia, alla filosofia, all’arte; molte hanno fondato delle riviste on line, nelle quali condensano la propria visione della disciplina a cui il giornale è dedicato.

Tra la primavera del 1998 e l’estate del 2000 ho seguito e studiato quattro comunità di interesse italiane, che facevano ciascuna capo ad un sito o portale Web, nello specifico due redazioni virtuali di riviste, due portali commerciali e culturali insieme.

Ho preso contatto via email, e mi sono offerta di collaborare con loro; l'interesse e i temi della ricerca sono nati dopo, spontaneamente, col passare del tempo. Il primo anno ho lavorato nella comunità delle due riviste elettroniche. Per lo più si è trattato di collaborare a mantenere aggiornato il sito, scrivendo brevi interventi su argomenti protagonisti del sito, archeologia, filosofia, e antropologia, e inserendo indirizzi di risorse in Rete, rispondere alle email, partecipare alle altre attività di comunicazione di informazioni culturali. Man mano che i mesi passavano l'impegno si è fatto più stretto e regolare, mentre facevo conoscenza e in alcuni casi amicizia con gli altri membri della comunità, e diventavo parte di essa.

Per la mia ricerca ho utilizzato l'osservazione partecipante trascorrendo per due anni diverse ore al giorno davanti al PC connessa in Rete (5): sono stata naturalmente coinvolta nelle comunità oggetto della mia ricerca, e col tempo sono entrata a pieno titolo a far parte di esse.

La ricerca nel cyberspazio prevede, come qualsiasi altre ricerca sul terreno, una prima fase di primaria importanza, che definirei etnografica; per me il riferimento a C. Lévi-Strauss è ancora d’obbligo, per distinguere tra etnografia, etnologia e antropologia. Secondo l’antropologo francese infatti l’etnografia, etnologia e antropologia non costituiscono tre discipline diverse, o tre concezioni differenti degli stessi studi. Sono, in realtà, tre tappe o tre momenti di una stessa ricerca, e la preferenza per l'uno o l'altro termine esprime solo un'attenzione particolare verso un tipo di ricerca che in ogni caso non potrebbe mai essere esclusivo degli altri due. (6)

Per me l'etnografia comprende la raccolta e la sistemazione dei dati raccolti, mentre successivamente deve avvenire la rielaborazione teorica, e la conseguente sistematizzazione di quanto esperito, osservato, capito, tradotto, interpretato alla luce delle metodologie, teorie socio-antropologiche in voga nella comunità scientifica di cui si fa parte: è inevitabile che l’adozione di una o anche più prospettive ne lasci in ombra altre possibili e plausibili, ma fa parte del "gioco" dell’interpretazione. (7)

Tra gli antropologi del cyberspazio più noti, il cui contributo ha arricchito la disciplina d’esempi sia metodologici sia etnografici va ricordato lo statunitense D. Hakken, che ha svolto diverse ricerche etnografiche sul terreno della CMC e ICT (Information and Communication Technology); Hakken propende per un modello di ricerca nel cyberspazio "antropologicamente orientato"; questo mira in altre parole a travasare la tradizione etnografica e i modelli d’etnografia classici nei nuovi contesti disegnati dalle nuove tecnologie.

Questo modello, risalente alla "rivoluzione malinowskiana", si basa essenzialmente sull’osservazione partecipante, condotta per un periodo sufficientemente lungo in una situazione di terreno "reale", vale a dire concreto (uno o più villaggi, città, ospedali, scuole, ecc.) e presso una cultura significativamente diversa dalla propria.

Altro punto importante da tenere presente in una ricerca etnografica nello spazio virtuale è la multi-sited etnography di G.E. Marcus ossia un’etnografia che avvenga su piani, livelli, ambiti, loca diversi, per dare conto della complessità del reale che l'etnografo si trova a descrivere e superare la crisi dell'antropologia.

Le regole e le problematiche connesse ad un’etnografia del cyberspazio non sono poi diverse da quelle di un’etnografia "classica". Accettato ciò come postulato, il ricercatore è tolto dall'impaccio di doversi chiedere continuamente come muoversi nel cyberspazio e quali strategie adottare, con particolare riferimento al problema della traduzione e interpretazione dell'alterità, cara alla critica antropologica postmodernista.

Una ricerca etnografica nel cyberspazio è -a tutti gli effetti- una ricerca etnografica, e vi sono i problemi, le contraddizioni, le difficoltà che presenta qualsiasi ricerca sul terreno. Come ricorda bene Luca Ricolfi occorre infatti: «Realizzare un particolare mix fra osservazione e partecipazione, trovare un punto di equilibrio fra i due poli dell’"osservazione partecipante" e della "partecipazione osservante"». (8)

La ricerca sul terreno virtuale

La scelta delle comunità oggetto della mia osservazione partecipante, di cui ho deciso di occultare i nomi per preservare l'anonimato e la privacy dei membri, è stata in parte meditata e in parte casuale.

Nella primavera del 1998 entrai in due distinte comunità, di interesse intellettuale, che erano in pratica due riviste on line, anche se di orientamento diverso: filosofica la prima, storica e antropologica la seconda.

Dopo un anno presi contatto con altri due siti, di carattere misto, ossia commerciali e di interesse, anche intellettuale. Si trattava di due portali di ampia visibilità, che allora stavano costituendo delle community di persone esperte in uno o più campi in modo da costituire ampie comunità intorno a quelle aree di interesse. Gli ideatori del progetto volevano in un certo senso caratterizzare la "filosofia" e l'impostazione di questi due portali, affinché si distinguessero da altre esperienze simili sul Web italiano.

Durante il secondo anno quindi ho partecipato alla vita di quattro comunità, aiutando nella gestione di pagine Web, forum, chat, mailing list e newsletter, e partecipando a tutte le attività delle comunità.

Tutte e quattro le comunità gestiscono un sito Web, dove i membri di ciascuna comunità riversa le proprie conoscenze; in tutti e quattro i siti si comunica quasi esclusivamente tramite CMC e gli incontri tra i membri sono sporadici, anche perché in tutte e quattro le comunità i membri sono dislocati in città o addirittura nazioni diverse.

Per il resto, come vedremo, le comunità presentano caratteristiche diverse le une dalle altre. Le due comunità di interesse intellettuale gestiscono entrambe un sito culturale, centrato su discipline umanistiche, che ha l'aspetto di una rivista elettronica, ma si differenziano sia per la quantità di membri; una ha più di 50 membri effettivi, l'altra poco più di 10 membri, sia per la visibilità in Rete dei propri siti. La prima comunità (d'ora in poi A) gestisce un sito prestigioso, molto apprezzato a livello accademico (di fatto molti membri della comunità fanno parte, a svariato titolo, del mondo universitario), mentre la seconda comunità (d’ora in poi B) è formata da alcuni professionisti del settore umanistico, ma anche curiosi e cultori del settore, e la visibilità sul Web, quantificabile in pageviews, è ridotta rispetto al sito di A.

Entrambe le comunità non hanno un centro direzionale fisico, e sono deterritorializzate, essendo i membri collegati da diverse parti d'Italia, anche se con una prevalenza dal nord.

Il sito della comunità A e B sono on line dal rispettivamente da metà e fine 1996; nella comunità A la comunicazione avviene esclusivamente tramite email e mailing list; i contatti e gli incontri face to face sono rari, mentre nella comunità B ci sono stati radi incontri in alcune località italiane.

Entrare a far parte di una comunità virtuale per me ha significato anche superare un periodo di prova durante il quale avviene un breve training seguito da un membro "anziano" del gruppo, sia tecnico, durante il quale ho preparato pagine in Html, ho partecipato ad alcune attività concordate e programmate, insomma si ho dato prova di saper lavorare sulla Rete, sia psicologico, durante il quale sono stata aiutata nell'inserimento da parte di un membro anziano, che mi ha ricordato alcune regole della netiquette e mi ha raccontato la storia del sito e della community, in termini quasi "epici". Mi ha inoltre spiegato di quali contenuti mi sarei occupata, quali mansioni avrei avuto, fino a delinearmi scopi e finalità di quel progetto comunitario sul Web. (9) In tutte e quattro le comunità sono stata aiutata ufficialmente da uno o più membri nel mio progressivo inserimento, sempre tramite comunicazione a distanza, via email.

Il mantenimento del sito e il suo progressivo ampliamento impegna molte energie dei membri della comunità, che viene ripagato dalla visibilità in Rete ma soprattutto dalla condivisione e dal lavoro collettivo per uno scopo in comune, che prende corpo nei nodi del sito stesso; ciò crea un legame piuttosto forte tra i membri della comunità.

Nella comunità B la comunicazione avviene sia per mezzi telematici sia per telefono, posta e, occasionalmente, tramite incontri face to face. La costruzione degli spazi è piuttosto aperta, collaborativa, e ufficialmente non vi sono leadership. La rivista prodotta dalla comunità ha a sua volta una sua comunità di lettori affezionati, che inviano email e contributi di riflessione.

I progetti della comunità B si sono anche diretti nella direzione del mondo off line e ci sono state più di un'occasione in cui vita on line e vita reale si sono intrecciate, legando attività culturale nel cyberspazio ad attività culturale nel tessuto cittadino di alcuni attori sociali. Le attività nel mondo off line hanno dimostrato, almeno in questo caso, ma conosco personalmente altri casi del genere, che non necessariamente le comunità fondate in Rete minano le comunità e la società reali, poste nel territorio locale, ma semmai il contrario. Infatti nello specifico è accaduto che persone di città diverse si sono consorziate in Rete, hanno formato una piccola comunità, hanno prodotto del materiale culturale che è stato presentato sul territorio locale, arricchendo quindi di informazione culturale non solo se stessi e i visitatori in Rete ma anche le comunità di origine.

La terza comunità, commerciale e di interesse (d'ora in poi C) durante l’anno di ricerca era formata da oltre 300 membri e aveva un'alta visibilità, essendo un portale italiano di ultima generazione, costantemente curato e accresciuto di servizi (email, notizie borsa, meteo ecc.).

La comunicazione e la partecipazione sono discrete e ai singoli è lasciato un ampio margine di libertà di costruzione dei contenuti del sito. Il feedback con gli utenti che visitano il sito è molto più curato rispetto ai siti di interesse intellettuale di cui ho parlato in precedenza, e ciò si spiega con gli scopi stessi del portale, che sono eminentemente commerciali e quindi necessitano di un alto numero di visitatori.

Il feedback è assicurato da strumenti quali il forum, le FAQ, la chat, e vi è una comunità addensata intorno al sito, formata dai membri che gestiscono il portale e dagli utenti che gravitano attorno a forum, alla chat e alle altre pagine a loro disposizione.

L'ultima comunità, sorta intorno ad un sito eminentemente commerciale che vende viaggi on line (d'ora in poi comunità D) aveva un'alta visibilità dovuta sia al passaparola degli utenti sia alla pubblicità che si fa nel mondo off line prevalentemente su giornali e riviste. I membri della comunità, oltre il centinaio, comunicavano con l'utenza attraverso le FAQ e con gli altri membri tramite mail. A ciascun membro spetta il mantenimento delle relazioni con l'utenza e la costruzione costante e il mantenimento di uno spazio personale e personalizzato. Le caratteristiche della comunità mista D sono simili a quelle della comunità C, anche se i membri della quarta comunità si presentano per lo più come esperti e amanti dei viaggi, e quindi vi è una maggiore coesione, data dall'affinità d'interessi.

Le caratteristiche in comune di queste comunità (10) mi sembrano possano essere definite con cinque espressioni, che spiegherò di seguito: delocalizzazione, cooperazione, impegno reciprocità, presenza multi situata.

Il concetto di delocalizzazione fa capo a quella che è la condizione di default di queste VC dato che si lavora, si coopera e si comunica a distanza; spesso i membri della community abitano anche a centinaia di chilometri gli uni dagli altri, senza quasi mai potersi incontrare nella vita off line, senza che questo sia percepito dai membri stessi come un ostacolo alla formazione e al progredire della comunità.

«Quando puoi mandami il tuo pezzo […] dobbiamo discutere del nuovo aspetto della home page, e ridistribuirci i compiti; mi chiedi chi farà il coordinatore? Potrebbe essere […] a giorni sapremo qualcosa del nuovo responsabile della sezione, non appena ho notizie ti faccio sapere…». (11)

In questo stralcio di una email indirizzata a me da A.P., membro anziano della comunità A, vi è un accenno alle pratiche della comunità in merito all’attribuzione e distribuzione dei compiti.

In generale le discussioni, le distribuzioni dei compiti, l’elezione dei responsabili, la circolazione delle informazioni tra membri del portale avvengono tramite comunicazione a distanza mediante l’utilizzo del canale ICQ e di email. Raramente viene utilizzato il telefono o la comunicazione face to face, dato che i membri della comunità vivono anche a parecchie centinaia di chilometri di distanza, come nel caso di A.P., che "fisicamente" stava a Torino, mentre io gli corrispondevo da Cagliari.

Lo scarso interesse per il telefono viene giustificato dai membri delle comunità con il fatto che una comunità virtuale si deve reggere sul Web e tramite Web. Utilizzare altri mezzi per comunicare, come il telefono, significherebbe ammettere che la comunicazione sul Web a volte è disturbata, poco efficace ed efficiente, e che va rinforzata con altri strumenti ritenuti più efficaci. Per questo motivo la comunicazione ha come canale privilegiato il Web, anche se è virtualmente possibile comunicare con altri mezzi (fax, telefono, messaggi ecc.)

Il termine cooperazione fa riferimento al sentimento che sembra predominare nella comunità e che rende possibile il progresso: rende la comunicazione fluida, veicola le idee, e permette il dispiegarsi di gruppi che costruiscono saperi collaborativi.

Il concetto di impegno è chiaramente riferito ai sentimenti di appartenenza riscontrati nei membri della comunità: l'impegno, sociale e civile, ma anche personale, è il "motore immobile" delle comunità, e quando questo viene a mancare la comunità sembra sfaldarsi o ripiegare su se stessa.

Ad esempio di ciò riporto uno stralcio di risposta di un membro della comunità A che ha avuto un rimprovero a proposito del suo scarso impegno:

«[…] Si da il caso che anch' io cerco, penso come gli altri, di impegnarmi il più possibile e di fare al meglio e, quando mi è possibile, anche più di ciò che mi è richiesto; ritengo dunque che messaggi di questo tipo siano davvero avvilenti, e poi ci credo che ci si lamenta del morale e del gruppo... ». (12)

Ed ecco un caso di eliminazione di un membro della comunità C, per "scarso impegno" nella partecipazione alla comunità; questa è parte della email inviata come "addio" a tutti i membri della community:

«Ringrazio [..] per la sollecitudine dimostrata nel farmi fuori senza il benché minimo preavviso, inserendo immediatamente un mio sostituto, e dimostrando nessuna volontà di costruzione di una vera comunità, avendomi chiesto per ben zero volte "Ci sono problemi?". Grazie a tutti». (13)

Il concetto di reciprocità si riferisce allo scambio di informazioni e conoscenze che viene accuratamente seguito affinché tutti abbiano la possibilità di accedere alla stesse informazioni: il passaggio delle informazioni, tramite i soliti strumenti, diventa una sorta di Kula (14) elettronico di carattere rituale.

Infine è importante la presenza multi-situata (multi-sited); infatti la vita sociale di queste comunità si svolge su più livelli, situazionali e relazionali; ci si serve, come si è visto, di diversi strumenti di comunicazione, ma anche lo spazio personale e collettivo all'interno dei siti, è diversamente utilizzato a seconda delle dinamiche della comunità in quel momento della loro vita collettiva.

Si può dire che in queste comunità di interesse intellettuale e miste la vita reale e la vita virtuale si compenetrino reciprocamente. Infatti ho osservato che in generale le persone trasferiscano le proprie passioni dalla vita reale alla vita on line e viceversa. L'esempio della comunità B, che dopo aver promosso iniziative culturali sul Web le ha proposte anche sul proprio territorio può essere un esempio di tale affermazione, così come il fatto che la struttura della comunità A, dove la presenza di un gruppo dirigenziale che coordina gli altri membri con una certa autorevolezza può essere anche letta come un riflesso dell'appartenenza al mondo accademico dei membri di questa comunità.

Vita on line e vita off line mi sono sembrate connesse, se non altro perché nelle comunità virtuali di interesse intellettuale e nelle comunità miste gli spazi Web si costruiscono utilizzando le conoscenze acquisite nella vita reale, e la produzione delle conoscenze, la riproduzione dei saperi, riflette al tempo stesso l'organizzazione che ci si è dati sul Web ma anche i modi di gestire le informazioni culturali pregressi, in un continuum tra esperienze nella vita off line e esperienze nel mondo on line.

Passando dai contenuti, che sono dati dalle informazioni culturali, alle abilità tecniche richieste, è piuttosto evidente che in effetti le abilità tecniche sono una potente linea di demarcazione che distingue i membri dai non membri. In tutte e quattro le comunità in cui sono entrata a far parte i requisiti minimi per essere ammessi consistevano nel fatto di avere sia competenze in termini culturali e contenutistici sia nel possedere padronanza degli strumenti tecnici per sapersi esprimere. Internet infatti è un media in cui per comunicare in modo efficace ed efficiente sono richieste sia competenze tecnologiche, in termini di conoscenza dei linguaggi di programmazione ecc. sia contenutistiche, e ogni membro della VC deve possederle entrambe, per essere davvero utile al suo gruppo.

Le violazioni della netiquette sono considerate una grave infrazione: i "colpevoli" vengono ripresi con più o meno vis da membri esperti e veterani del gruppo, oppure ricevono lamentele dal gruppo intero. Nei casi più gravi invece il trasgressore viene allontanato dagli spazi comunitari e bandito per un numero imprecisato di tempo.

Un altro imperativo riguarda il prendersi cura della comunicazione con i membri della comunità, rispettare gli oneri di cui ci si è fatti carico all’interno della VC (come collaboratore, editor, responsabile delle relazioni esterne, moderatore ecc.) insomma, partecipare alla vita comunitaria in tutti i suoi aspetti, e chi trasgredisce viene prima ripreso bonariamente, poi viene redarguito, o nei casi più eclatanti allontanato dal gruppo.

La presenza femminile sulla Rete italiana è piuttosto importante e all’interno delle comunità in cui ho vissuto per due anni, vige una divisione dei ruoli molto più sfumata rispetto alla vita reale, ma le differenze di genere "tradizionali" in alcuni casi persistono, complice il fatto che tipicamente i tecnici nelle comunità sono ancora più spesso uomini che donne, e alle donne di solito toccano più spesso mansioni tradizionalmente femminili, legati alla presunta "naturale" predisposizione alla comunicazione: dalla segretaria di redazione, alla moderatrice, e via dicendo.

Secondo alcuni intervistati con cui ho discusso della percezione della donna all’interno delle comunità il software sarebbe "femminile", mentre l’hardware "maschile", intendendo –attraverso questa dicotomia di genere e tecnologica- che agli uomini spetterebbe la progettazione e l’implementazione di sistemi e strutture informatiche, alle donne il "riempimento" contenutistico di tali strutture.

In conclusione la Rete contiene davvero tutto e il contrario di tutto: è una gigantesca enciclopedia del sapere, una pattumiera occidentale, luogo delle libertà, dell’anarchia nonché ipostasi delle contraddizioni umane.

Credo fermamente che la crescita qualitativa del materiale in rete, e l’aumento della qualità dei servizi offerta in Rete vada in parallelo con la crescita culturale ed etica delle VC in Rete, e in special modo di quelle di interesse intellettuale; le VC italiane potrebbero incrementare la quantità di informazione culturale presente sul Web italiano.

Due dei punti di riferimento ineludibili sono l’intelligenza collettiva P. Lévy, (15) e l’intelligenza connettiva di D. De Kerckhove, (16) che auspicano e credono nella possibilità di realizzare sul Web saperi collaborativi, creativi e modalità di comunicazione e relazione anti-accademiche, né dogmatiche né sottoposte a gerarchie e altre forme di censura e controllo dell’informazione:

«Lo sviluppo delle cybertecnologie è incoraggiato da stati che perseguono la potenza in generale e la supremazia in particolare. È anche uno degli obiettivi principali della competizione economica mondiale tra colossi dell'elettronica e del software, e tra grandi aree geopolitiche. Ma risponde altresì alle finalità di progettisti e utenti che cercano di incrementare l'autonomia degli individui e di ampliare le facoltà cognitive. Incarna, infine, l'ideale di scienziati, artisti, manager e attivisti della rete che vogliono migliorare la collaborazione tra persone, esplorando e dando vita a diverse forme di intelligenza collettiva».

D’altro canto la formula di "intelligenza connettiva" coniata da Derrick de Kerckhove rimanda all’idea di una intelligenza distribuita all’interno di una Rete (network) i cui i singoli elementi contribuiscono e cooperano globalmente, ciascuno secondo le proprie specifiche caratteristiche, e la cui qualità dipende dalla quantità delle interazioni e delle informazioni scambiate. In quanto baluardo della complessità questo network di intelligenze potrebbe essere oggetto del tentativo di una reductio ad unum, cioè ad un pensiero unico, ad un’unica mente collettiva, intollerante e dispotica.

Sono convinta che le comunità di interesse italiane possano fornire un ambiente propizio alla crescita culturale del Web e che quindi possano incarnare bene l’idea di intelligenza collettiva o connettiva, contribuendo alla crescita culturale del Web italiano, con importanti ricadute in ambito scolastico, educativo e sul mondo dell’informazione on line.

Con CMC si intendono tutte quelle forme di comunicazione che si avvalgono del computer quale strumento privilegiato e delle reti telematiche come ambienti di comunicazione. Per una introduzione si veda L. Paccagnella, La comunicazione al computer, Bologna, Il Mulino, 2000.




NOTE


(1) H. Rheingold, Comunità virtuali, Milano, Sperling & Kupfer, 1994 p. 5.

(2) Si veda F. Tönnies, Comunità e società, Milano, Edizioni di comunità, 1963. Per un discorso sulle comunità si veda U. Fabietti, Comunità "dense", Comunità "immaginate", comunità "virtuali". Un punto di vista antropologico, in P. Carbone, P. Ferri (cura di), Le comunità virtuali, Milano, Mimesis, 1999.

(3) Si veda S. Micelli, Le comunità on line come nuovi soggetti nel consumo, nel lavoro,nelle relazioni fra imprese, Milano, Etas, 2000.

(4) M. Smith, P. Kollock (a cura di), Communities in Cyberspace, London, Routledge, 1999, p. 22.

(5) Si tratta di una nota tecnica di ricerca sul terreno codificata ufficialmente da Malinowski, che consiste principalmente nella partecipazione alla vita quotidiana delle comunità oggetto dello studio etnografico mediante prolungati periodi di soggiorno in esse.

(6) C. Lévi-Strauss, Antropologia strutturale, Milano, Mondadori, 1992, p. 390.

(7) A Tale proposito si veda ad esempio: C. Geertz, Antropologia interpretativa, Bologna, Il Mulino, 1988, p. 195: «Questo timore del particolarismo che considero un po’ come una nevrosi accademica, è particolarmente forte nel mio campo, l’antropologia, dove a quelli di noi che studiano attentamente casi specifici, di solito particolari, viene ripetuto di continuo che in questo modo stanno mettendo in pericolo la possibilità di conoscenze generali e che dovrebbero occuparsi di qualcosa di propriamente scientifico come la sessuologia comparata o l’energetica culturale…».

(8) L. Ricolfi (a cura di), La ricerca qualitativa, Roma, Carocci, 2000, p. 33.

(9) Si veda A. Guigoni, Internet per l'antropologia. Risorse e strumenti della ricerca etnografica nel cyberspazio, Genova, Name, 2001.

(10) Si veda sul tema: A. Guigoni, Knowledge Sharing and Building Community on the Internet, Seminario organizzato da D. Hakken al congresso Worlds In Transition: Technoscience, Citizenship and Culture in the 21st Century, organizzato dal Department of Philosophy of Science and Social Studies of Science dell'Università di Vienna, 27-30 Settembre 2000.

(11) Messaggio (email) inviatomi da A. P. , community A, datato 30 aprile 1999.

(12) Messaggio (mailing list) inviato da P. nella mailing list della community A, datato 2 maggio 2000.

(13) Messaggio (mailing list) inviato da F. nella mailing list della community C, datato 30 giugno 2000.

(14) Kula è una forma di scambio cerimoniale delle isole Trobriand studiato da B. Malinowski.

(15) P. Lévy, Cybercultura. Gli usi sociali delle nuove tecnologie, Milano, Feltrinelli, 1999.

(16) D. De Kerckhove, Connected Intelligence: The Arrival of the Web Society, Toronto, Somerville House, 1997.