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Memoria e Ricerca

Alcune considerazioni sul rapporto tra editoria elettronica e sapere

di Enrica Capussotti
in Memoria e Ricerca n.s. 4 (1999), p. 227


La possibilità di pubblicare materiale con valore scientifico e accademico all’interno della rete Internet è l’argomento di questo numero della rubrica Spazi OnLine. Le pubblicazioni elettroniche sono al centro di un vasto e controverso dibattito nel quale è protagonista una moltitudine di soggetti – studiosi, editori, istituzioni culturali, biblioteche – portatori di opinioni e interessi alcune volte divergenti. All’interno della denominazione «pubblicazioni elettroniche» possono rientrare molti prodotti culturali, legati a problematiche e a interessi specifici, con un proprio pubblico e una propria modalità di frui­zione. Nelle pagine seguenti l’attenzione è limitata alle riviste e alle monografie di livello accademico nelle discipline storiche e umanistiche. Ci rivolgiamo quindi alla produzione e alla diffusione di sapere dentro e vicino alle università e ai soggetti attivi in questo campo: studiosi e studiose, le comunità scientifiche, le università, le biblioteche e gli editori. Le possibilità aperte dalle pubblicazioni in rete non riguardano però esclusivamente la natura del testo finale, a stampa oppure elettronico, ma coinvolgono l’intera catena editoriale che sostiene la produzione di questo particolare prodotto. L’esempio più evidente riguarda la distribuzione e diffu­sione dei libri tramite distributori all’ingrosso e librerie, il cui ruolo viene radicalmente trasformato, se non reso obsoleto, dall’uso del supporto digitale. Un ulteriore elemento da tenere in considerazione riguarda le stesse dinamiche di apprendimento legate all’uso di differenti media: il libro stampato viene associato a linearità, astrazione, ragionamento deduttivo, mentre per i media “post-gutenberghiani” sono usate espressioni come ipertestualità, multilinearità, ragionamento analogico. È questo un campo di studi molto interessante che analizza i rapporti tra media diversi e tra media e meccanismi cognitivi, e che può essere usato per contestualizzare il dibattito attuale sui nuovi mezzi di comunicazione e per decostruire la falsa contrapposizione tra libro a stampa e libro on line, la quale non considera come storicamente le nuove tecnologie non abbiano mai eliminato le precedenti ma piuttosto dato luogo a contaminazioni, trasformazioni e aggiustamenti 1. A questo proposito Gino Ron­caglia suggerisce di leggere il rapporto tra cultura del libro e nuove tecnologie attraverso il modello del superamento-conservazione anziché quello del superamento-sostituzione 2. Un altro fattore che influisce profondamente sulle possibilità stesse delle pubblicazioni digitali è la velocità con cui nuovi software e nuove macchine per co­municare sono resi disponibili, da un lato rendendo sorpassati vecchi programmi e costringendo a un aggiornamento continuo, dall’altro aprendo il campo alla possibilità di “nuove invenzioni” in grado di migliorare le prestazioni della rete digitale, l’efficienza dei linguaggi, la tutela degli interessi degli autori, degli editori e dei fruitori. I termini dettagliati in cui si articola il dibattito relativo alle pubblicazioni on line non rientrano nel progetto del presente articolo, ma a scopo informativo ritengo importante citare il sito del “Journal of Elec­tronic Publishing” 3, pubblicato da University of Michigan Press, attraverso il quale è possibile ricostruire in modo dettagliato i punti più avanzati della discussione e della sperimentazione in corso, legati in primo luogo alla realtà statunitense: sulle pagine elettroniche della rivista sono riportati gli interventi di una pluralità di soggetti, dagli studiosi agli editori ai bibliotecari, e da punti di vista e discipline differenti viene trac­- ciato un quadro molto mosso della realtà attuale, dal quale emerge in primo luogo lo scontro tra coloro che sottolineano la riduzione dei costi delle pubblicazioni digitali a cui si contrappongono coloro che sostengono un semplice spostamento nelle voci di spesa 4. La discussione intreccia motivi diversi, che si articolano intorno a due punti principali: la crisi del mercato delle monografie scientifiche stampate tradizionalmente e le conseguenze negative sulla diffusione del sapere e sulla possibilità dei giovani ricercatori e ricercatrici di pubblicare il proprio lavoro. In questo contesto si inserisce l’articolo pubblicato da Robert Darnton sulla “New York Review of Book” del 22 marzo 1999, che ha costituito lo stimolo principale per le riflessioni che seguono. Lo storico dell’Università di Princeton e presidente dell’American Historical Association propone alcune considerazioni sui libri on line guidato da un approccio pragmatico in grado di affrontare aspetti positivi e negativi delle possibilità legate alle pubblicazioni digitali. Egli coinvolge con estrema chiarezza tutti i soggetti implicati nel processo: gli editori commerciali e le university presses, i luoghi produttori di cultura come le università, i singoli autori e autrici, le biblioteche, ognuno dei quali con interessi e responsabilità specifici. Darnton fa partire la propria riflessione da un dato di fatto economico, cioè gli alti costi delle monografie accademiche che nelle aree più tradizionali degli studi umanistici e sociali sono prive di un mercato in grado di giustificarne la pubblicazione da parte dell’industria culturale. Una difficoltà molto profonda che investe immediatamente la realtà accademica statunitense, la cui riproduzione si basa proprio sulla possibilità dei ricercatori e delle ricercatrici, soprattutto più giovani, di pubblicare. All’origine della crisi delle pubblicazioni monografiche vi è la decisione degli editori commerciali di aumentare notevolmente il prezzo dei periodici, soprattutto nel settore delle scienze naturali, cosicché le biblioteche dei centri di ricerca per mantenere il proprio abbonamento alle riviste hanno limitato il denaro destinato all’acquisizione delle monografie. Alcuni esem­pi ci dicono che l’abbonamento a “Brain Research” costa 15.203 dollari, mentre quello al “Journal of Comparative Neurology” 13.900 dollari. Il minore acquisto di monografie da parte delle biblioteche ha gravato pesantemente sui bilanci delle university presses, le quali si affidavano quasi esclusivamente agli ordini delle biblioteche per la pubblicazione di monografie altamente specialistiche in aree prive di un mercato allargato. Poiché le university presses sono essenzialmente imprese commerciali, la soluzione che hanno adottato è stata la riduzione delle pubblicazioni nei settori in cui la domanda dei consumatori è minore, chiudendo così agli studiosi un canale per la diffusione dei propri lavori e la possibilità di intraprendere con successo il tradizionale iter della carriera accademica. Negli anni Novanta una nuova politica editoriale sembra essere iniziata anche per gli editori “universitari”, per cui tra i numerosi titoli presenti nei cataloghi le pubblicazioni accademiche sono in ribasso, sostituite da libri che sembrano rispondere a interessi relativi ad argomenti popolari locali, come la gastronomia e lo sport. Anche le biblioteche hanno cambiato i propri ordini come testimoniano le vendite del The Papers of Benjamin Franklin: il primo volume, pubblicato nel 1959, aveva venduto 8.407 copie, soprattutto a biblioteche, il trentasettesimo volume, del 1998, ha venduto 753 copie. Darnton traccia una fotografia alquanto problematica della fase che sta attraversando la produzione culturale accademica ma propone anche una soluzione: sperimentare le possibilità offerte dalla rete digitale partendo dal non negoziabile principio secondo cui gli studiosi devono partecipare attivamente alla costruzione dei criteri che garantiscono la qualità scientifica del lavoro disponibile on line. Oggigiorno le complicazioni e i problemi sono ancora numerosi e coinvolgono molti aspetti, dalla tutela degli autori e della proprietà intellettuale al sistema di produzione e distribuzione, dall’accesso al materiale alla sua conservazione e alle tariffe; inoltre i costi dell’editoria elettronica sono ancora piuttosto alti, ma Darnton prospetta alcuni risvolti positivi: «Revisione, impaginazione, com­po­sizione, stampa, commercializzazione, pubblicità – è necessaria una grande varietà di competenze per trasformare una tesi in una monografia. Invece di semplificare questo processo, l’editoria elettronica aggiungerà ulteriori complicazioni, ma il risultato potrebbe essere un grosso incremento di valore. Una tesi elettronica potrebbe contenere un numero virtualmente illimitato di appendici e basi di dati. Potrebbe essere collegata ad altre pubblicazioni in modo tale da permettere ai lettori di trovare percorsi nuovi nell’ambito di materiale vecchio. Una volta risolti i problemi tecnici, inoltre, le tesi elettroniche si potrebbero produrre e distribuire in maniera economica, riducendo i costi di produzione affrontati dalle case editrici e lo spazio necessario alle biblioteche» 5. Personalmente condivido la posizione di Darnton, il quale interpreta la rete come un’occasione a disposizione degli studiosi e delle studiose per riorganizzare la propria attività e il proprio ruolo, le stesse comunità scientifiche e la comunicazione del sapere. La storia – una disciplina in cui la crisi delle pubblicazioni specialistiche è molto acuta in alcuni settori – sembra adattarsi in modo perfetto al nuovo orizzonte di opportunità: innanzitutto il supporto elettronico consente di immettere in rete molto più materiale di quello racchiuso in un libro stampato, permettendo ad esempio di scaricare le fonti nella loro ampiezza e integrità, così da essere consultabili al di là delle poche righe di citazione a cui obbliga la stampa. Inoltre è esperienza comune di chi fa ricerca storica confrontarsi con del materiale che offre una pluralità di percorsi e di temi che vengono esclusi dal resoconto poiché superano i confini circoscritti dell’argomento su cui si lavora. I libri elettronici potrebbero invece consentire la rappresentazione delle fonti e delle aperture tematiche e concettuali che esse offrono, favorendo una nuova consapevolezza delle complessità legate all’interpretazione del passato. Darnton chiude l’articolo con una proposta concreta: strutturare il libro elettronico per strati disposti come in una piramide. Lo strato superiore potrebbe essere un resoconto conciso dell’argomento, di cui si potrebbe pensare anche un’edizione stampata economica. Nello strato successivo si potrebbero illustrare versioni ampliate di aspetti diversi dell’oggetto della ricerca, ognuna organizzata come unità autosufficiente e con lo scopo di fornire ulteriori approfondimenti. Il terzo strato potrebbe essere composto da documenti di generi diversi accompagnati da saggi interpretativi. Un quarto strato storiografico potrebbe contenere selezioni e discussioni di precedenti ricerche. Il quinto strato potrebbe essere destinato al supporto didattico mentre il sesto potrebbe raccogliere resoconti dei lettori e altri commenti e recensioni. Un libro elettronico di questo tipo trasforma anche la pratica della lettura, consentendo un approccio differente a seconda della preparazione e delle esigenze dei lettori, i quali svolgerebbero al computer la campionatura e la ricerca mentre la lettura potrebbe avvenire da un testo scaricato dal computer o direttamente stampato. Le ipotesi suggerite da Darnton possono ovviamente essere riviste alla luce di altri approcci, ambiti disciplinari e nuovi software che l’informatica mette a disposizione. Il punto che preme sottolineare è però la necessità di sperimentare in questo senso, mettendo alla prova della rete e dei lettori le ipotesi elaborate in sede di riflessione. A questo proposito sarà interessante seguire le vicende del premio lanciato dall’American Historical Association e sostenuto dalla fondazione Andrew W. Mellow al fine di convertire alcune tesi di Ph.D in aree trascurate dall’e­ditoria tradizionale statunitense (storia dell’Africa, dell’America latina, del Sud Asia e dell’Europa prima del xix secolo) in una monografia elettronica; la Columbia University Press si occuperà della pubblicazione in rete. L’istituzione del premio è stata preceduta e seguita da un serrato dibattito nel quale sono stati affrontati i numerosi problemi alla base dell’iniziativa. Le difficoltà maggiori sembrano riguardare la negoziazione dei criteri con cui qualificare e garantire la qualità del prodotto immesso in rete, anche al fine di premere sulle istituzioni accademiche perché includano le pubblicazioni digitali tra il materiale valutabile nel momento delle assegnazioni delle cattedre. Se coloro che detengono il potere di decisione nel mondo universitario rifiutano di riconoscere come opere scientificamente valide le monografie elettroniche che rispondo ai criteri predefiniti decade uno dei motivi principali che spingono a sperimentare questa impresa editoriale. Il panorama delineato riguarda soprattutto la comunità scientifica, mentre altre problematiche investono i supporti tecnici e il mercato editoriale. I prodotti informatici sono al centro di un ricambio velocissimo che spesso rende programmi ed hardware obsoleti in pochi anni. È quindi necessaria la pubblicazione di testi elettronici in un linguaggio che garantisca la decodificazione al maggior numero di lettori dislocati nello spazio e nel tempo. Vi è poi il problema della conservazione dei materiali elettronici, che richiede alle biblioteche uno sforzo di riorganizzazione dei propri strumenti e del proprio ruolo nel contesto generale. Un ulteriore nodo difficoltoso è rappresentato dalla proprietà intellettuale e dalle modalità economiche con cui gli editori possono tutelare gli autori e se stessi nel mondo elettronico. Finora la soluzione più seguita prevede la riscossione di denaro tramite abbonamenti indispensabili per utilizzare i siti che nella maggior parte dei casi offrono versioni elettroniche di riviste anche a stampa oppure riviste esclusivamente digitali. Anche in questo caso la tecnica informatica può venire in aiuto con la messa in pratica di programmi che controllino e monetizzino le copie delle monografie elettroniche richieste dai lettori singolarmente e tramite istituzioni. Columbia International Affairs Online Nel panorama in via di definizione delle pubblicazioni in Internet un esperimento di qualità e peso notevole è il sito gestito dalla Columbia University Press e denominato Columbia International Affairs Online (ciao) 6: lanciato nell’agosto 1997, il sito dedicato agli studi di affari internazionali contiene in formato elettronico i working papers di sessanta istituti accademici, interventi a conferenze, estratti delle principali riviste del settore, testi completi di monografie pubblicate da Columbia Univer­sity Press, calendari delle conferenze e links ai principali siti on line sull’argomento. ciao si rivolge agli studiosi sia come attivi protagonisti della messa in circolazione del materiale sia come fruitori del materiale stesso, che viene messo a disposizione di un numero potenzialmente così elevato di lettori e in tempi così veloci da non avere finora concorrenti in grado di competere su questi piani. Uno degli scopi del progetto è la stima della competitività dei mezzi messi a disposizione da Internet per la pubblicazione di materiale di alta qualità scientifica in una specifica disciplina. L’accesso al sito richiede il pagamento annuale di una sottoscrizione da parte di biblioteche e altre istituzioni. Kate Wittenberg di Columbia University Press, illustrando i termini del progetto, dedica un’ampia riflessione al ruolo degli editori “tradizionali” nel nuovo contesto elettronico sostenendo che il loro compito principale rimane quello di identificare e diffondere i migliori lavori nelle varie discipline, seppur questa attività possa oggi assumere nuovi significati 7. Per esempio, singoli editori possono costruirsi un’autorevolezza on line legata alla pubblicazione di materiale scientifico in una specifica materia, oppure come organizzatori delle informazioni disponibili in rete, il cui considerevole aumento spesso genera confusione e abbassamento della qualità piuttosto che maggior disposizione di materiale utilizzabile. ciao rappresenta quindi un progetto pilota la cui valutazione verrà eseguita usando i seguenti criteri: capire come gli studiosi e le biblioteche usano le pubblicazioni digitali, e quali tipi di pubblicazioni sono più utili in rete (libri, riviste, articoli, working papers...); esaminare i costi attraverso tutta la catena della pubblicazione; vedere se ricercatori e ricercatrici ricevono riconoscimenti professionali per la loro pubblicazione in ciao; analizzare le reazioni e le opinioni degli utenti e i risultati delle vendite delle sottoscrizioni annuali; osservare gli effetti della pubblicazione elettronica sul materiale anche disponibile a stampa. La realtà italiana Abbiamo finora seguito alcune riflessioni significative che si sono sviluppate nel contesto editoriale e accademico statunitense. Per quanto riguar­da la realtà italiana è opportuno introdurre alcuni distinguo: innanzitutto il mercato editoriale statunitense ha dimensioni non comparabili con quello italiano, più ridotto in tutte le sue articolazioni; in secondo luogo in Italia mancano figure come quelle rappresentate dalle university presses presenti sia come imprese commerciali impegnate nel mercato editoriale sia come istituzioni vicine al mondo accademico; la terza differenza investe le stesse università, la loro organizzazione e riproduzione, che in Italia sappiamo meno governata da “logiche di mercato” a favore di un criterio di cooptazione 8. Un altro elemento basilare da tenere in considerazione, poiché consente l’accesso al prodotto elettronico, è l’uso dei computer e dei nuovi media nella società italiana, e le ricerche effettuate testimoniano una realtà in veloce trasformazione. L’Associazione nazionale dell’editoria elettronica (anee) realizza dal 1992 un Osservatorio sulla multimedialità «con l’obiettivo di fornire alle aziende associate, agli operatori del settore e al mondo dei media una fotografia del mercato multimediale in Italia. Quest’anno la ricerca, partendo dallo scenario sull’utilizzo dell’informatica nella casa italiana, approfondisce i prin­cipali ambiti di sviluppo di cd Rom e Internet» 9. I dati elaborati dall’anee confermano un’elevata presenza di apparati informatici in quelle che sono definite «le famiglie italiane», in contrasto con l’arretratezza che sembra caratterizzare altre istituzioni pubbliche e private nazionali: «La penetrazione di apparati informatici nella famiglie italiane è nettamente più alta rispetto a quella che si potrebbe attendere data la scarsa diffusione di apparati informatici in quasi tutti i mondi con i quali la famiglia interagisce. La penetrazione del pc nella famiglia italiana è del tutto in linea con la media europea. Nella scuola, nella pubblica amministrazione, nella sanità e nel terziario privato (apparato commerciale in particolare) la penetrazione del pc in Italia è invece molto più bassa rispetto alla media europea» 10. I dati per noi più interessanti riguardano il notevole incremento nell’ultimo anno del numero di collegamenti Internet, con conseguente aumento degli utenti, e la centralità che la rete sta assumento anche in Italia. Mentre nelle indagini effettuate fino allo scorso anno i cd Rom si segnalavano come il prodotto elettronico maggiormente diffuso nel mercato dell’editoria digitale, attualmente «il fenomeno centrale risulta essere la diffusione e l’evoluzione della rete Internet che lungi dall’avere un impatto limitato alla sola editoria telematica, costituisce il volano di trasformazione dell’intero comparto della comunicazione, e, ancor di più, dell’intera economia dei servizi [...]. Il 1999 si caratterizza per una drastica accelerazione della corsa al posizionamento da parte degli editori e in genere degli information providers presenti sul Web: sono fortemente aumentati gli investimenti ma anche sono state perfezionate le logiche d’offerta dei contenuti e dei servizi con un maggiore sfruttamento delle logiche proprie del Web» 11. Lo sviluppo dell’utilizzo di Internet è inoltre destinato ad aumentare come conseguenza della gratuità degli accessi, che nel nostro paese è introduzione recentissima. Infatti, mentre nel passato collegarsi al Web costava alcune centinaia di migliaia di lire l’anno, oggi è possibile a costo “zero” – se si escludono le tariffe piuttosto elevate dei collegamenti telefonici – grazie a quella che alcuni quotidiani hanno definito «la guerra del free Internet» tra Kataweb, del gruppo Espresso, Telecom, Tiscali, Infostrada e Mediaset; servizi di accesso gratuito a Internet che sono stati pensati allo scopo di allargare il numero di utenti nel nostro paese per fini che sappiamo senza dubbio di mercato, legati ad esempio allo sviluppo della pubblicità e dei siti commerciali, ma che favoriscono un incremento nella fruizione dei servizi in rete che può essere utilizzato anche da soggetti altri. Nel sottolineare la centralità che sta assumendo e assumerà Internet nel futuro non vogliamo però decretare la prematura morte delle pubblicazioni in cd Rom: il mercato off line continuerà ad esistere, come testimoniano anche le edicole delle nostre città, ma sarà probabilmente sempre più limitato alla pubblicazione delle cosidette references, cioè testi per la consultazione, come le enciclopedie, e le opere di storia, scienza, arte/architettura, geografia e atlanti geografici. Inoltre anche l’Italia è investita dal cambiamento – in atto già da alcuni anni in altri paesi – dello statuto dei cd Rom, che identificati un tempo come tipici media off line oggi vengono sempre più spesso inseriti in Internet entrando in questo modo a far parte della rete come spazio chiuso consultabile frequentemente attraverso il pagamento di un abbonamento di accesso. Questa modalità di utilizzo della rete coinvolge in larga misura le biblioteche “virtuali”, e sono ormai innumerevoli le diverse tipologie di cd Rom e database che forniscono materiale scientifico in tutte le discipline, dagli archivi alle bibliografie alle riviste 12. Lo scenario delineato dalle elaborazioni dell’anee consente di guardare alle trasformazioni in corso nella società e sottolinea alcune specificità della realtà italiana che condizionano e sono a loro volta condizionate dalle scelte degli editori, finora impegnati in primo luogo nella produzione dei cd Rom; sarà interessante vedere nei prossimi mesi se la nuova centralità assunta da Internet indurrà nuove politiche editoriali. Un’altra caratteristica del nostro paese è l’assenza della comunità scientifica – per quanto alcune eccezioni altamente significative siano presenti – dalla riflessione sull’editoria elettronica, per cui sembra mancare quello stimolo reciproco che negli Stati Uniti ha portato a collaborare l’American Historical Association e Columbia University Press. Per quanto riguarda l’esistente delle pubblicazioni digitali legate alla realtà nazionale, uno dei siti più consistenti è Liber Liber 13, gestito dall’omonima associazione culturale non lucrativa di utilità sociale «che ha come obbiettivo la promozione di ogni espressione artistica ed intellettuale. In particolare Liber Liber si propone di favorire l’utilizzazione consapevole delle tecnologie informatiche in campo umanistico e di avvicinare la cultura umanistica e quella scientifica» 14. L’associazione è nata come supporto al progetto “Manuzio”, iniziato nel 1993 e che consiste nella realizzazione di una biblioteca di testi elettronici fornita in primo luogo dai classici della letteratura italiana liberamente e gratuitamente consultabili e scaricabili. Il progetto è attuato grazie al lavoro gratuito e volontario fornito soprattutto dai laureandi e dai dottorandi dei dipartimenti di italianistica. I testi vengono acquisiti nel formato ascii; una scheda informativa indica l’autore del riversamento, il sistema utilizzato, il livello di affidabilità del testo e l’obiettivo finale è quello di fornire un testo completo e filologicamente corretto. Le opere sono ospitate sul server dell’Università di Milano e comprendono solo testi i cui diritti d’autore siano scaduti, o per i quali i titolari legali di tali diritti decidano di consentire la libera diffusione in rete, come è accaduto ad alcune case editrici che hanno partecipato attraverso la donazione di testi. La presentazione in rete del progetto prosegue con dovizia di particolari e una delle sezioni più interessanti riguarda la riflessione sul rapporto tra libro e testo elettronico, che gli organizzatori non vedono in competizione ma in un rapporto di reciproco scambio. La sezione “Come aiutarci” 15 contiene invece le istruzioni per l’invio di un libro o di una tesi di laurea e i documenti che le case editrici interessate devono allegare. Mi sono dilungata nella descrizione del progetto “Manuzio” perché ritengo significativo esplicitare le caratteristiche di un’iniziativa che in Italia è piuttosto ampia e ha coinvolto quasi tutti i soggetti che finora abbiamo visto protagonisti del dibattito: giovani studiosi e studiose che offrono il proprio lavoro volontario; alcune case editrici tra le quali si segnala Laterza, che ha permesso la diffusione della versioni elettroniche del libro di Paolo Sylos Labini La crisi italiana contemporaneamente alla sua uscita a stampa e del manuale Internet ’98 16; e un’università la quale mette a disposizione il proprio server. Gli attori coinvolti nel progetto “Manuzio” ricoprono però un ruolo profondamente diverso da quello che abbiamo visto giocare in ambito statunitense, e il loro interesse sembra maggiormente diretto all’immissione di testi elettronici piuttosto che all’organizzazione di una complessa macchina di produzione e diffusione del sapere sul modello descritto da Robert Darnton. Non vorrei suggerire con questa ultima affermazione un desiderio di imitazione degli esperimenti statunitensi, ma piuttosto provare ad adattare alla realtà culturale italiana alcune delle soluzioni proposte negli Stati Uniti: mi sembra che anche nel nostro paese vi sia una certa difficoltà nel far circolare le ricerche e gli studi scientifici, soprattutto dei ricercatori e delle ricercatrici più giovani, che frequentemente possono pubblicare le proprie ricerche di dottorato solo autofinanziando il libro presso editori minori, forniti però di una scarsa distribuzione che rende difficoltosa la diffusione dei testi; anche nel nostro paese gli editori lamentano i bilanci negativi che accompagnano la pubblicazione di materiale scientifico di qualità privo di un mercato che lo sostenga e ne giustifichi la presenza in termini di politiche economiche editoriali; anche nel nostro paese il ricambio accademico sembra altamente problematico e legato almeno in parte alla difficoltà di pubblicare per coloro che si trovano all’inizio dell’iter formativo 17. Un altro sito di pubblicazioni elettroniche che unisce materiale d’archivio, fonti e lavori di più recente produzione è ospitato dal server dell’Università di Firenze e si chiama Cromohs (Cyber review of modern historiography): «È il risultato di un progetto elaborato nel corso del 1995, e nasce dalla consapevolezza che la tecnologia informatica applicata alla comunicazione è destinata ad assumere, anche nell’ambito degli studi umanistici, un ruolo fondamentale, con conseguenze di portata probabilmente superiore rispetto alla stessa invenzione dei caratteri mobili. Cromohs è la prima rivista elettronica di storia della storiografia moderna e si pone l’obiettivo di costituire – grazie alle possibilità offerte dalla comunicazione attraverso Internet e World Wide Web – uno strumento particolarmente efficace di informazione e di comunicazione scientifica per le tematiche relative alla cultura storica dell’età moderna (storiografia, erudizione, filosofia della storia, metodologie della ricerca storica, insegnamento della storia)» 18. Sulla stessa pagina Web troviamo i links messi a disposizione degli utenti: la guida alle risorse, l’archivio, la bibliografia, il notiziario, lo staff editoriale ed eliohs, una vasta biblioteca elettronica di testi antichi messi a disposizione degli studiosi. Sono presenti in versione integrale e formato “html” classici della storiografia moderna, opere di metodologia e di teoria storiografica, testi di erudizione, letteratura di viaggio, documenti biografici relativi alla vita di importanti figure di storici, manuali e opere che documentano l’evoluzione della didattica storiografica in età moderna. «L’obiettivo è di fornire testi affidabili per la consultazione, con particolare attenzione alla didattica umanistica universitaria e al tempo stesso di offrire strumenti utili alla ricerca relativa alla storia della cultura europea in età moderna, mediante la riproduzione elettronica di materiale bibliografico raro, l’indicizzazione di importanti collezioni di memorie accademiche o di periodici scienti­fici» 19. L’accesso a questa biblioteca “virtuale” è libero, poiché i testi sono intesi come beni collettivi a disposizione degli utenti e degli studiosi; la fruizione, la riproduzione e la circolazione sono gratuite, nel rispetto dell’integrità testuale dei materiali utilizzati 20. Un progetto altamente ambizioso nel campo della storia, che oltre alla biblioteca virtuale pubblica articoli e saggi di studiosi, informazioni relative a conferenze e delucidazioni su altre iniziative elettroniche. E gli editori “tradizionali”? Allo scopo di ricercare informazioni più precise sulle possibili strategie editoriali relative al digitale, con esclusione dei cd Rom, abbiamo condotto una breve inchiesta esplorativa presso alcuni editori italiani per conoscere le loro posizioni e i loro progetti. Il dato comune più diffuso è un attaccamento al proprio profilo di editori di libri a stampa con diffusione all’interno delle librerie. La rete viene intesa soprattutto come strumento per la pubblicizzazione del proprio catalogo e come luogo di comunicazione con i propri lettori, mentre sembrano assenti progetti che utilizzano la rete per la specificità che la caratterizza e come luogo potenziale di trasformazione delle pubblicazioni e del ruolo di editori. I lettori sembrano a proprio agio in questo orizzonte e apparentemente nessuna richiesta consistente è stata fatta agli editori per lo sviluppo di testi digitali. Per quanto l’inchiesta non sia esaustiva e non pretenda di riassumere tutto il quadro della realtà italiana, mi sembra che due case editrici abbiano avviato una riflessione vicina ai contenuti del dibattito che abbiamo delineato finora. La casa editrice Giunti di Firenze ha un progetto che coinvolge le proprie riviste rivolte a un pubblico di specialisti e accademici: alla luce di vendite troppo ridotte per giustificare le spese di una pubblicazione a stampa, l’editore fiorentino sembra orientato a proporre alle redazioni delle riviste la loro conversione in testi elettronici, pubblicati in rete all’interno del sito Giunti e per il primo anno ancora disponibili a stampa on demand cioè per gli abbonati. Il progetto ha lo scopo di eliminare alcuni malintesi che secondo i responsabili Giunti spesso condizionano i rapporti tra editori e comunità accademiche: gli editori vengono spesso fatti oggetto di richieste che implicano un loro ruolo come mecenati della cultura mentre essi sono imprenditori impegnati nel mercato editoriale. La proposta di rendere elettroniche le riviste permetterebbe agli editori di riequilibrare quella voce di bilancio, e alle redazioni delle riviste di autonomizzare il proprio progetto diventando direttamente i gestori della pubblicazione elettronica che risulterebbe accessibile a un pubblico più vasto, disponibile nel tempo, con la possibilità di essere arricchita di banche dati, legami con altri siti, recensioni, commenti e dibattiti on line. Inoltre la pubblicazione digitale risponderebbe alla logica che alcuni, in un gioco di parole, hanno chiamato del «copy left», cioè la messa a disposizione di materiale gratuito per scopi di ricerca, e questa politica economica è possibile solo attraverso l’utilizzo di un supporto, come la rete, che consente bassi costi di gestione e di immissione del materiale. Uno degli ostacoli maggiori per l’attuazione del progetto, al di là del rifiuto più immediato e istintivo ad abbandonare la forma a stampa, viene dalla resistenza da parte dell’Università di equiparare ai fini concorsuali il materiale pubblicato elettronicamente con le altre pubblicazioni a stampa. Ritorna il problema della definizione dei criteri con cui garantire la qualità scientifica dei prodotti presenti in rete, ma questo dibattito può avere applicazioni positive solo se l’accademia si dimostrerà aperta a modificare le proprie regole per la valutazione dei titoli. La maggior parte delle riviste di carattere scientifico nelle scienze storiche e sociali hanno infatti lo scopo di permettere agli studiosi di pubblicare articoli i quali pesano nei conteggi dei concorsi, e se questa caratteristica non venisse mantenuta anche per le pubblicazioni elettroniche “garantite scientificamente” verrebbe a mancare uno dei presupposti che mantiene in vita queste riviste e uno degli stimoli principali per sperimentare una loro versione digitale. Un altro editore che si è dimostrato consapevole dei termini del dibattito proposti in questo articolo è il Mulino. Finora l’editore bolognese ha immesso sul proprio sito, oltre al tradizionale catalogo, due servizi che si avvicinano a un nuovo profilo degli editori in Internet: le virtual libraries del Mulino 21, un elenco di risorse utili per la ricerca storica con particolare attenzione alla storia economica, e la pubblicazione “Aedon” 22, quadrimestrale di arte e diritto on line diretto da Marco Cammelli che mette a disposizione dei lettori, in modo gratuito, l’ultimo numero pubblicato, i numeri precedenti, uno spazio per la discussione, motori di ricerca per i temi collegati alla rivista e le altre risorse contenute sul Web. Ovviamente anche altri editori “tradizionali” sono presenti in Internet, ma in questo articolo abbiamo scelto di limitarci a coloro che rispondevano alle caratteristiche illustrate finora. Vi sono poi editori esclusivamente presenti in rete, alcuni dei quali recenti come Otto, editore telematico puro che distribuisce le proprie pubblicazioni esclusivamente via rete e opera nel campo dell’editoria tecnica e universitaria 23. Per quanto il catalogo sia in fase sperimentale, alcune linee editoriali dovrebbero consolidarsi: una di pubblicazioni tecniche per il Politecnico di Torino a supporto della didattica; un’altra collana comprende atti di convegni e saggistica scientifica per l’Istituto superiore di scienze umane del Politecnico di Torino; la terza una collana di americanistica. Conclusioni La premessa alla base di questo articolo era la soddisfazione di una curiosità molto semplice: sapere se e come gli editori italiani “tradizionali” hanno intenzione di confrontarsi con il mondo digitale e le possibilità aperte in specifico da Internet. Nel corso dell’elaborazione, parlando con gli editori e leggendo i termini del dibattito statunitense, mi sono convinta che il ruolo propulsivo nell’ambito dell’editoria elettronica di carattere scientifico dovrebbe essere ricoperto dalla comunità scientifica. Se infatti il centro di interesse continua a essere la produzione e diffusione del sapere, è la comunità scientifica che dovrebbe sollecitare tutti coloro impegnati in questo scenario, in primo luogo gli editori, a confrontarsi con le opportunità aperte dal digitale assumendosi la responsabilità della ridefinizione dei criteri necessari per certificare la qualità del materiale scientifico immesso in rete, la sua diffusione, valutazione e conservazione. È infatti innegabile che uno degli scenari prefigurabili con lo sviluppo delle tecnologie della comunicazione è la scomparsa del ruolo ricoperto dagli editori, sostituito da un rapporto diretto tra autore e lettore mediato dalla rete; non credo che questo scenario si realizzerà, almeno sul medio periodo, ma potrebbe essere inteso dalla comunità scientifica come uno stimolo per confrontarsi al proprio interno e guidare gli altri attori impegnati nel campo del sapere verso nuove soluzioni adeguate al momento storico. Tra le priorità vedo una adeguata formazione degli studiosi al sapere tecnico richiesto dalle tecnologie informatiche e la precisazione dei principi con cui definire il materiale scientifico presente in Internet, che per ora potremmo grossolanamente dividere tra un primo livello di banche dati che raccolgono ricerche e bibliografie a scopo informativo e di supporto alle ricerche e un secondo livello di materiali scien­tificamente certificati, usabili ai fini concorsuali e trattati come pubblicazioni accademiche. Con questo non intendo suggerire agli studiosi di trasformarsi anche in editori e in bibliotecari, ma piuttosto di essere il motore di una revisione delle funzioni finora ricoperte nella produzione del sapere al fine di migliorare le condizioni legate al lavoro di ricerca e alla comunicazione della conoscenza. Il prezioso lavoro svolto finora da Columbia University Press per il sito ciao evidenzia come uno degli elementi legati al nuovo mondo digitale sia la collaborazione stretta e articolata tra differenti soggetti portatori di svariate competenze. Usando le parole del teorico dei media Pierre Lévy potremmo tradurre questo processo nella messa in pratica dell’intelligenza collettiva prodotta dal e produttrice del sapere sociale: «[...] non abbiamo soltanto strumenti per estendere le nostre capacità cognitive individuali ma le tecnologie digitali, l’interconnessione mondiale dei calcolatori costituiscono anche un nuovo spazio di comunicazione particolarmente propizio per ciò che io chiamo “intelligenza collettiva”. L’intelligenza collettiva è la messa in comune delle capacità mentali, dell’immaginazione, delle competenze che permettono alla gente di collaborare, di lavorare e di apprendere insieme. Se guardiamo al tempo stesso alla velocità con cui le conoscenze si evolvono, all’estensione delle capacità cognitive individuali mediante le tecnologie, e alle nuove possibilità di apprendimento cooperativo e di collaborazione tra la gente, al livello intellettuale, credo che ci troviamo davanti ad un pae­saggio completamente nuovo nel rapporto con il sapere e siamo obbligati a constatare che molte nostre concezioni pedagogiche circa l’apprendimento e l’insegnamento, molte delle nostre istituzioni scolastiche e dei nostri metodi per riconoscere o convalidare le competenze sono stati elaborati in un periodo in cui il rapporto con la conoscenza era molto diverso; c’è molto lavoro da fare perché i nostri concetti, le nostre istituzioni, i nostri modi di organizzazione si adattino a questa nuova fase» 24. Lévy si colloca evidentemente tra coloro che sostengono le istanze più radicali potenzialmente presenti nel modo elettronico arrivando a pronosticare «una situazione in cui il mercato della conoscenza sarà un mercato libero e aperto mentre finora eravamo in una situazione di monopolio, chiusa, in cui non c’era libero scambio». Personalmente ritengo troppo ottimista il teorico francese e sottolineerei piuttosto la necessità di un atteggiamento pragmatico che si espliciti in reale sperimentazione e si confronti con gli aspetti che oggi regolano la produzione del sapere – e che in rete possono assumere nuove configurazioni o sparire – come il copyright e la proprietà intellettuale, gli interessi dell’industria culturale, i criteri che tuttora governano la valutazione del lavoro intellettuale e il sistema di reclutamento dei ricercatori all’interno delle università e dei centri di ricerca. Gli ultimi due punti appaiono assolutamente centrali: se le regole con cui i ricercatori e il loro lavoro sono giudicati e stimati in ambito accademico e lavorativo non tengono in considerazione le pubblicazioni elettroniche, cioè non equiparano la rete al sistema di valutazione destinato ai testi stampati, molti dei limiti che oggi condizionano l’immissione dei materiali on line non verranno facilmente superati. A costo di ripetermi, ritengo che in questo contesto la comunità scientifica debba impegnarsi sia per elaborare i criteri che garantiscano la scientificità del materiale in rete sia per attivare gli editori perché mettano a disposizione l’esperienza maturata nel mondo della stampa per stabilire le strategie che tutelino gli studiosi e il mercato culturale on line. I workshop organizzati dal dipartimento di Storia dell’Università di Firenze a partire dall’anno accademico 1998-99 sui temi attinenti le applicazioni informatiche alla ricerca storica sono un utile inizio per sensibilizzare la comunità scientifica e dotare gli studiosi delle nuove competenze richieste dal mondo digitale 25. Le implicazioni legate all’editoria elettronica investono quindi dinamiche di ampio respiro che comprendono da un lato la concezione stessa del sapere, dall’altro l’organizzazione del lavoro intellettuale, e potrebbero essere usate per ridefinire le modalità di selezione, valutazione e reclutamento del personale accademico. Renato Giannetti analizza con dovizia di particolari questo aspetto e traccia alcuni scenari legati alle diverse scelte possibili nel campo dell’editoria elettronica proponendo una soluzione che capitalizzi anche nel mondo digitale l’espe­rienza di editori e biblioteche e permetta contemporaneamente la nascita di attori nuovi, che Giannetti vede «direttamente collegati alle nuove tecnologie, con competenze flessibili e diffusi nel territorio, per i quali il contesto istituzionale più adatto appare quello delle attività non profit» 26. Giannetti immagina anche i nuovi criteri che potrebbero essere applicati per la valutazione del materiale digitale e le implicazioni in termini di punteggi concorsuali, lasciando intravvedere le condizioni di possibilità di una realtà spesso relegata nel mondo della fantasia: redazioni e case editrici mantengono una funzione di filtro, qualificando i paper valutabili per ottenere posti accademici. L’articolo verrebbe invece ripensato formalmente per essere funzionale alla fruizione nella rete: un estratto breve; un sommario di alcune pagine; il saggio tradizionale; un’ultima parte a discrezione dell’autore e dell’autrice con gli apparati specialistici. Per quanto riguarda le valutazioni, un primo livello potrebbe riguardare l’interesse per la disciplina specifica mentre un secondo livello potrebbe essere l’interesse e il giudizio dei lettori, imitando in questo modo il criterio adottato da alcuni paesi che attribuisce punti al numero di citazioni collezionate. Queste sono semplici proposte, che necessiterebbero di essere verificate concretamente, ma introducono almeno alcune ipotesi concrete in un ambiente, quello accademico, in cui lo scetticismo sembra prevalere. Sono consapevole che l’articolo può sembrare eccessivamente ottimista in materia di pubblicazioni elettroniche, mentre l’intento principale è di stimolare una riflessione che affronti le debolezze e i problemi ma contemporaneamente si impegni a trovare soluzioni anche alla luce degli esperimenti che alcuni editori italiani stanno intraprendendo. Note 1. Nella vasta letteratura che analizza storicamente le relazioni che intercorrono tra media diversi a partire dall’oralità scelgo alcune citazioni di particolare valore nel nostro contesto: «È utile accostarsi all’oralità e alla scrittura in modo sincronico, mettendo a confronto le culture orali e quelle chirografiche consistenti in un certo periodo di tempo. Ma è ugualmente essenziale l’approccio diacronico o storico, vale a dire il confronto tra periodi successivi [...]. Uno studio diacronico dell’oralità, della scrittura e delle varie tappe nell’evoluzione dall’una all’altra crea strumenti mediante i quali è possibile capire meglio non solo la cultura orale originaria e quella successiva, ma anche la cultura della stampa che sviluppa ulteriormente la scrittura, e quella elettronica, che si costruisce a partire dalla scrittura e dalla stampa. In questo quadro diacronico il presente e il passato, Omero e la tv, possono illuminarsi vicendevolmente»: da W. Ong, Oralità e scrittura, Il Mulino, Bologna 1986, p. 54; «Bisogna contrastare ogni determinismo tecnologico e analizzare le trasformazioni storicizzando i precedenti momenti in cui gli esseri umani si trovarono in periodi di intensa accelerazione tecnologica e mutamento, come con l’introduzione dell’alfabeto fonetico, della scrittura, della stampa e del telegrafo»: da R. Finnegan, La fine di Gutenberg, Sansoni, Firenze 1990, p. 68; «I poli dell’oralità primaria, della scrittura e dell’informatica non sono solo delle ere; non corrispondono in modo semplice a delle epoche determinate. In ogni momento ed in ogni luogo i tre poli sono sempre presenti, ma con più o meno intensità»: da P. Lévy, Le tecnologie dell’intelligenza, A/traverso, Bologna 1992, p. 139; cfr. E. Eisenstein, La rivoluzione inavvertita, Il Mulino, Bologna 1985. 2. G. Roncaglia, Oltre la cultura del libro?, , [5 ottobre 1999]. 3. The University of Michigan Press, , [5 ottobre 1999]. 4. Un esempio di questa seconda opinione è l’intervento presentato da Colin Day al workshop dell’Association of Research Libraries dedicato esplicitamente alla «The Specialized Scholarly Monograph in Crisis, or How Can I Get Tenure If You Won’t Publish My Book?». Nell’articolo Digital Alternatives: Solving the Problem or Shifting the Costs?, Colin Day, dell’University of Michigan Press, sostiene che per quanto riguarda le monografie la riduzione dei costi con l’utilizzo del digitale è minima (20-25%) mentre comporta la nascita di nuovi problemi legati all’utilizzo e alla conservazione dei linguaggi informatici; Cfr. C. Day, Digital Alternatives: Solving the Problem or Shifting the Costs?, , [28 settembre 1999]. Un approccio più favorevole alle pubblicazioni elettroniche è invece presente nel testo di Michael Jensen, Developing the Appropriateness Matrix, , [28 settembre 1999], il quale è impegnato nella definizione di quella che egli stesso definisce una sorta di multilineare e composita «appropriateness matrix» – disponibile in rete allo stesso indirizzo – che dovrebbe aiutare a definire i parametri delle pubblicazioni elettroniche e le strategie con cui garantire i guadagni ai gestori dell’impresa. Questi sono solo due esempi di un dibattito in continua evoluzione che consigliamo di seguire all’indirizzo indicato in precedenza. 5. R. Darnton, Libri in rete, in “La Rivista dei Libri”, n. 6, giugno 1999, p. 6. 6. ciao: Columbia International Affairs Online, , [3 ottobre 1999]. 7. K. Wittenberg, ciao: A New Model for Scholarly Publishing, , [3 ottobre 1999]. 8. Un punto di vista sulla realtà accademica italiana e le possibilità aperte dal digitale per rinnovare l’organizzazione complessiva delle università nazionali è contenuto nello scorso numero di questa rivista: R. Giannetti, Tecnologie dell’informazione e reclutamento accademico, in “Memoria e Ricerca”, n. 3, gennaio-giugno 1999, pp. 57-65. 9. Editoria, contenuti e servizi nell’economia digitale in Italia – 1999: Informatica e multimedialità nelle famiglie italiane; La domanda e i consumi di contenuti in Internet; L’editoria multimediale in Italia nel 1998 e nel 1999; Caratteristiche e struttura dell’offerta E-commerce italiana, in , [5 ottobre 1999]. 10. Informatica e multimedialità nelle famiglie italiane, , [5 ottobre 1999]. 11. L’editoria multimediale in Italia nel 1998 e nel 1999, , [5 ottobre 1999]. 12. Esemplificativo dal punto di vista del sito, dell’accesso tramite abbonamento e dei diversi soggetti istituzionali coinvolti nella gestione è il progetto “Dacomate ii”, che si propone di sviluppare una biblioteca elettronica europea di economia: «Dacomate ii is an end-user service which provides access to heterogeneous information resources distributed over different libraries in Europe using a uniform interfaces. The project is partially funded by the European Commission dgxiii Telematics for libraries programmer, developped by the European University Institute together with the Tilburg University, the British Library of Political and Economic Science and the Universitat Autonoma de Barcelona»; la descrizione è rintracciabile all’indirizzo , [7 ottobre 1999]. 13. url: , [3 ottobre 1999]. 14. Liber Liber, Interazioni: chi siamo, , [3 ottobre 1999]. 15. Liber Liber, Come aiutarci: realizzazione di un e-text, , [3 ottobre 1999]. 16. Molto interessante per capire la filosofia che ha portato all’inserimento in rete della versione elettronica di un testo presente anche a stampa è la spiegazione relativa a “Internet ’98” della Laterza: «Internet ’98 è in rete in versione integrale e gratuita. Commercialmente, può sembrare un’idea azzardata: se il testo elettronico è gratuito, chi comprerà quello su carta? La nostra convinzione è [...] [che] testo elettronico e libro a stampa non devono essere visti come concorrenti, ma come alleati. Servono a scopi almeno in parte diversi, e si utilizzano in occasioni diverse. Il testo in rete permette l’accesso diretto alle risorse citate, e può sfruttare, oltre alle immagini, anche animazioni o brevi filmati. Il testo a stampa può essere letto ovunque, trasportato, sottolineato. Insomma, la versione “on line” di Internet ’98 non sostituisce ma integra il libro a stampa. E chi vuole valutare l’interesse e la bontà del libro può farlo prima dell’acquisto. Siete quindi tutti benvenuti su queste pagine [...]. C’è solo un piccolo suggerimento che vorremo darvi: se trovate il libro utile e volete disporre di una copia stampata, è molto più comodo scendere in libreria e comprare il libro (26.000 lire per oltre 500 pagine) che stamparlo sulla vostra stampante. E il libro è sempre qualcosa di più – e di più bello – di un insieme di fogli stampati», M. Calvo, F. Ciotti, G. Roncaglia, M. Zela, Perché Internet ’98 è in rete, gratuitamente, , [5 ottobre 1999]. 17. Per un’analisi più approfondita rimando al citato articolo di Giannetti nello scorso numero della rivista. 18. R. Minuti, G. Abbattista, Introduzione, , [5 ottobre 1999]. 19. R. Minuti, G. Abbattista, Electronic Library of Historiography – Introduzione ad Eliohs, , [5 ottobre 1999]. 20. Eliohs, norme di accesso, , [5 ottobre 1999]. 21. Le virtual libraries del Mulino, , [1 ottobre 1999]. 22. Aedon – Rivista di arti e diritto on line, , [1 ottobre 1999]. 23. «Otto è una società di editoria digitale e comunicazione, costituita nel 1998 da un gruppo di ricercatori, esperti della comunicazione e dell’editoria. Otto pubblica libri, lavorando contemporaneamente sul sapere e sul modo migliore di diffonderlo. Otto rivolge particolare attenzione ai generi che richiedono una diffusione tempestiva e aggiornata, come l’informazione scientifica, al divulgazione e la didattica. Otto realizza coedizioni con altre case editrici, collabora con istituzioni accademiche e culturali per valorizzare le informazioni e rendere più agile la comunicazione», Otto, , 5 ottobre 1999. 24. P. Levy, Evoluzione del concetto di sapere nell’era telematica, , 3 ottobre 1999. 25. Internet per la didattica e la ricerca storica – Seminario interdisciplinare, , [4 ottobre 1999]. 26. Giannetti, Tecnologie dell’informazione, cit., p. 61.